Competenze del commercialista in materia del lavoro e riforma della professione: un’ opportunità da cogliere*

di Cristina Costantino** 

Tra le professioni intellettuali quella economico contabile si ritiene che sia la più antica del mondo, infatti si fa risalire all’antico Egitto (Scriba), e in Italia ha avuto uno sviluppo peculiare dal XVI secolo ai giorni nostri, che la rende diversa dalle attività professionali analoghe (latu sensu) degli altri paesi europei, ma non solo.

Le competenze del Commercialista sono ampie e diversificate, ma la legge non gli riconosce “esclusive”, a differenza di altre professioni intellettuali, nonostante l’alto contenuto scientifico e la complessità tecnica delle materie che lo stesso tratta quotidianamente e che sono in continua evoluzione, anche a causa del progresso tecnologico, dell’innovazione digitale e della globalizzazione economica.

La materia del lavoro rientra da tempo immemore tra le competenze del Commercialista, che assiste professionalmente le imprese nella ricerca di soluzioni organizzative e gestionali efficaci ed efficienti, e, considerato il suo percorso di studi, appare evidente che l’attività di consulenza in materia di gestione dei rapporti di lavoro, ossia di uno dei fattori produttivi che per la teoria economica classica, insieme al capitale e la terra, concorre alla produzione di beni o servizi, rientra nel suo scibile professionale. Senza addentrarsi nell’evoluzione delle teorie economiche possiamo affermare che le “risorse” umane rappresentano oggi forse più ieri, uno dei fattori strategici per il successo delle iniziative economiche e degli investimenti aziendali. Quel che fa la differenza tra il Commercialista e le altre categorie professionali che si occupano della materia di lavoro è la “vision” privilegiata, ossia la capacità e l’attitudine tipica del Commercialista di studiare la materia avendo ben chiari gli obiettivi di efficiente gestione aziendale e di “declinarla” nel rispetto degli altri elementi che interagiscono a tal fine, come l’organizzazione aziendale, le politiche di bilancio, la contrattazione individuale e quella collettiva, l’organizzazione del lavoro, la tutela delle categorie svantaggiate, il welfare aziendale, gli accordi commerciali, le dinamiche del mercato di riferimento, ecc. Occuparsi dei rapporti di lavoro per il Commercialista significa non solo curare gli adempimenti in materia di lavoro ma fornire al datore di lavoro il proprio contributo per definire le strategie del lavoro. Nell’ottica dell’evoluzione della professione del Commercialista questo deve tradursi nell’includere chiaramente l’attività di consulenza e assistenza in materia di lavoro nell’ambito del business design, nella gestione della crisi d’impresa, nella finanza agevolata solo per fare alcuni esempi, e nel frattempo recuperare quel gap che si è creato rispetto ad altre categorie professionali a seguito di scelte legislative che negli ultimi quindici anni hanno fortemente penalizzato il Commercialista esperto in materia di lavoro.

Tra gli iscritti agli Ordini territoriali dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili quelli che si occupano della materia di lavoro sono tanti: in base ai dati rilevati dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) nel mese di luglio 2017 i Commercialisti e gli Esperti Contabili registrati nel sistema informatico dell’Istituto sono 29.743, di cui 27.254 hanno eseguito almeno un accesso negli ultimi 12 mesi, le ditte attive da loro gestite (delega) ammontano a 1.166.500 e per 946.818 delle stesse hanno trasmesso l’ultima dichiarazione dei salari; in base ai dati rilevati dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) i Commercialisti e gli Esperti Contabili registrati nel portale Inps come intermediari sono 22.000 circa.

In questo contesto la riforma dell’ordinamento della professione (d.lgs. 139/2005 – Costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell’articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34) è un’opportunità per la Categoria, e dovrebbe cogliere l’essenza del cambiamento di una professione che è unica nel suo genere. Negli altri paesi infatti le attività di competenza del Commercialista, sono affidate a svariate figure professionali, potremmo dire parcellizzate o frantumate, a volte appannaggio degli avvocati, o dei contabili, o dei consulenti fiscali, fino ai notai, o anche rese da società di servizi specializzate in pratiche amministrative. La riforma dell’ordinamento potrà consentire di migliorare il posizionamento dell’area lavoro all’interno della professione, oltre che valorizzare le competenze dei Commercialisti che da sempre si occupano della materia, anche con l’individuazione di nuove specializzazioni che nel tempo il mercato ha richiesto.

Le proposte di riforma dell’ordinamento della professione elaborate dal Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in materia di lavoro presentano alcune criticità sulle quali vale la pena soffermarsi per evitare conseguenze più dannose delle lacune che si cerca di colmare. In particolare, viene scissa l’attività di consulenza del lavoro dagli “adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti”. Pare discenderne che l’esperto contabile in possesso di laurea triennale in materie economiche non potrà svolgere l’attività di consulenza del lavoro. Tuttavia un professionista che si occupa degli adempimenti in materia di lavoro deve necessariamente occuparsi anche di consulenza, non foss’altro che le attività sono interconnesse ed il titolo accademico del professionista gli consente dette competenze. Le modifiche in procinto di essere proposte al Legislatore vedono gli iscritti alla sezione B dell’Albo esclusi dalla consulenza del lavoro, pur essendo oggi legittimamente abilitati a esercitarla.

Considerato poi che le modifiche dei requisiti per l’iscrizione all’Albo aggiornano i titoli abilitativi con la nuova codifica universitaria, confermando la formazione in ambito di corsi di laurea, triennale o magistrale, nelle classi “economiche”, le conseguenze sono che l’esperto contabile che fino ad oggi svolgeva consulenza del lavoro non la potrà più esercitare e che i giovani che volessero occuparsi di questa materia dovranno conseguire una laurea magistrale ed iscriversi nella sezione A dell’albo. Tali proposte rischiano dunque di condurre i giovani lontano dalla materia del lavoro e, in ultima analisi, dalla Categoria. Anche con riguardo alle Scuole di Alta Formazione, che ricomprendono la materia lavoristica, si potrebbe pensare ad un accesso a tutti gli iscritti alle due sezioni dell’Albo anziché limitarlo alla sezione A.

L’auspicio è che con la riforma si possa dare il giusto riconoscimento e l’adeguata tutela agli iscritti agli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili esperti in una materia che è stata per troppo tempo dimenticata dai vertici della Categoria, ma l’attuale Consiglio nazionale è espressione di una compagine che aveva già individuato, ed inserito nel suo programma elettorale, l’impegno di “affermare la figura del Commercialista del Lavoro presso tutti gli ambiti, non ultimi gli Ordini locali”, quindi, potrebbe essere sufficiente ricordare a chi ha responsabilità di governo della Categoria che pacta sunt servanda e, ovviamente, augurargli buon lavoro!

*Articolo già pubblicato sul Commerci@lista economia e diritto di Luglio 2018 

**Presidente Comitato scientifico Gruppo Odcec Area lavoro

 

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