Contratto di lavoro subordinato o collaborazione coordinata e continuativa

di Martina Iorio*

Il 24 giugno 2015 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.lgs 81/2015, recante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183” è stato istituito il codicedei contratti con il quale il legislatore ha inteso far diventare il contratto a tempo indeterminato la principale forma atta a disciplinare i rapporti di lavoro. Con l’art. 52 sono stati abrogati gli artt. 61 e 69 del decreto legislativo n. 263/2003, ovvero i contratti a progetto e le associazioni in partecipazione con apporto misto o di solo lavoro. Facendo salvo però quanto disposto dall’art. 409 del Codice di procedura civile. La sopravvivenza dell’art. 409 c.p.c. è rilevante in quanto consente comunque di utilizzare i “vecchi” contratti di collaborazione senza progetto e senza termine. Ovviamente questo ritorno al passato è solo apparente in quanto l’art. 409 c.p.c. va coordinato con l’art. 2 del d.lgs. 81/2015 il quale prevede che “a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Il legislatore per evitare gli abusi del passato nell’utilizzo dei contratti di co.co.co ha voluto prevedere tre indicatori di presunzione che se presenti in contemporanea fanno ricondurre il contratto di co.co.co. nella sfera della subordinazione. La stessa circolare n. 3/2016 del MPLS, nel dare le istruzioni operative agli organi di vigilanza, ribadisce questo concetto.

La difficoltà sta nello stabilire quindi la demarcazione tra lavoro subordinato e collaborazione, il problema sta nel fatto che ogni attività economicamente rilevante può essere oggetto sia di un rapporto di lavoro subordinato sia di lavoro autonomo, come si evince dall’analisi di ogni singolo termine della norma.

La collaborazione
La collaborazione è intesa come disponibilità del commissionato a perseguire gli scopi prefissati dal committente con il proprio apporto lavorativo, senza che il collaboratore sia assoggettato al potere direttivo, disciplinare e di controllo. Ma anche il rapporto di subordinazione è basato sull’impegno del dipendente a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie per la realizzazione dei fini aziendali.

Luogo della prestazione
Da più parti si è ritenuto che il luogo di esecuzione della prestazione potesse rappresentare un fattore distintivo tra lavoro subordinato e collaborazione coordinata e continuativa. In alcuni casi, infatti, è stata sostenuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in quanto il collaboratore operava presso il committente. Invero, non è possibile considerare tale elemento quale criterio distintivo in quanto la prestazione del collaboratore può essere svolta nel luogo stabilito per contratto (es.: presso la sede operativa dell’azienda con l’inserimento del collaboratore nell’organizzazione produttiva).

Orario di lavoro
Nel rapporto subordinato l’orario viene generalmente stabilito dal datore di lavoro e può essere modificato a seconda dell’esigenze dell’azienda, mentre nel rapporto di co.co.co. l’orario non viene imposto e può essere legato non solo alle scelte del lavoratore secondo le proprie necessità, ma anche alle eventuali condizioni contingenti derivanti dalla natura dell’attività (es.: nell’insegnamento presso una scuola l’orario delle lezioni non viene imposto dal gestore o da chi per lui, ma deriva da un’esigenza oggettiva e fisiologica di turnazione e di alternanza in classe delle varie discipline; per di più la sua definizione rientra fra le competenze del Collegio Docenti nell’approntamento del POF). Tuttavia, anche tale elemento non è di per sé distintivo della subordinazione.

Continuità
La normativa di riferimento si esprime indicando tra le caratteristiche della collaborazione la continuità, la prestazione deve protrarsi nel tempo. Ciò non significa che il contratto sottostante debba necessariamente essere un contratto a tempo indeterminato, esso può anche prevedere un termine alla collaborazione, purché tale termine sia sufficientemente ampio da permettere la qualificazione della collaborazione come continuativa. Non è possibile definire a priori quale debba essere la durata minima di un contratto di collaborazione affinché questo presenti il carattere della continuità, in quanto le caratteristiche specifiche di ogni incarico affidato richiederanno sempre tempi di realizzo differenti. Da quanto esposto emerge con chiarezza che la continuità della collaborazione deve essere programmata già in sede negoziale. Infatti, solo inserendo nel contratto originario la previsione della durata del rapporto di collaborazione, questo può assumere il carattere della continuità. In definitiva, la prestazione è continuativa se è svolta per un periodo di tempo determinato o determinabile, ma apprezzabilmente lungo (comunque superiore a trenta giorni). Venendo ora al confronto tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo sulla base di tale caratteristica, non è possibile sostenere che essa rappresenti un carattere distintivo delle due fattispecie, in quanto anche il rapporto di lavoro subordinato deve necessariamente protrarsi nel tempo, tanto più che il contratto di lavoro subordinato prevede sia quello a tempo determinato che quello a tempo indeterminato. Tale assunto significa che il rapporto di collaborazione non deve essere svolto in modo frammentario e che sia il committente sia il collaboratore partecipano insieme alla realizzazione del medesimo scopo fissato dal proponente. La non frammentarietà del rapporto e il fine comune caratterizzano anche il lavoro subordinato, pertanto, anche in questo caso non sono ravvisabili differenze tra i due tipi di rapporto in esame.

Coordinazione con inserimento nell’ organizzazione aziendale
La collaborazione è coordinata qualora non rappresenti un risultato autonomo e non correlato agli obiettivi del committente, ma s’integri con essi e li completi. La Corte di Cassazione ha sempre sostenuto che affinché possa ravvisarsi il carattere della coordinazione è necessario che tra l’opera del collaboratore e l’attività del committente esista un vincolo funzionale. In sostanza, per aversi il requisito della coordinazione (o anche funzionalità) l’opera del collaboratore deve essere svolta in stretta connessione con l’attività e le finalità del committente, e può realizzarsi anche con l’eventuale inserimento del collaboratore nell’organizzazione aziendale. Il carattere della coordinazione è naturalmente presente anche in caso di contratto di lavoro subordinato. Non è possibile che si realizzi un rapporto di lavoro subordinato in cui il lavoratore persegua, anche solo parzialmente, obiettivi esclusivamente propri e slegati dalle finalità dell’impresa o, in generale, del datore di lavoro. Anche tale criterio non è quindi distintivo rispetto al rapporto di lavoro subordinato.

Con retribuzione periodica prestabilita
Nel rapporto di lavoro subordinato si parla di retribuzione, che è fissa sulla base dei minimi previsti dal CCNL applicato; per le collaborazioni coordinate e continuative si parla di compenso che può essere calcolato sia in base alle singole prestazioni sia in modo forfetario, può avere carattere periodico o può essere corrisposto in un’unica soluzione al termine del rapporto. In realtà non è ravvisabile alcuna vera differenziazione tra i due tipi di rapporto in relazione a tale caratteristica.

Prestazione personale “prevalente” o esclusiva
L’art. 409 parla di prestazione prevalentemente personale, da qui si evince che il collaboratore può avvalersi di propri collaboratori, ma solo entro un certo limite. Tale limite è rappresentato dalla necessità che il lavoro del soggetto che è parte del contratto di collaborazione coordinata e continuativa sia prevalente, e non anche esclusivo, rispetto alla partecipazione di terzi. Ciò è giustificato dal carattere personale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, mentre nel rapporto di lavoro subordinato la prestazione deve necessariamente essere esclusivamente personale.

Come si può ben vedere nessuno degli elementi sopra indicati è, di per sé determinante nello stabilire la natura del contratto, ma laddove sia riscontrata la contemporanea presenza di tutti gli indicatori allora si applicherà la disciplina del contratto di lavoro subordinato, a prescindere dal nome dato al contratto, perché ciò che conta è verificare i dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento della prestazione, come più volte sottolineato dalla cassazione (Cass. 2056/14 – 8364/14 – 22289/14 – 22690/14).

La legge aggiunge, tuttavia, che le presunzioni fino ad ora descritte, non operano nei seguenti casi :

  1. a) quando sono gli accordi collettivi stipulati dalle Confederazioni Sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a prevedere in maniera specifica il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore. Esempi sono il CCNL scuole ANINSEI o il CCNL dei Call Center, gli Istituti di ricerca (IRCSS), le ONG, ecc.;
  2. b) le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in albi professionali;
  3. c) le attività prestate nell’esercizio delle loro funzioni dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  4. d) le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, come disciplinati dall’art. 90 della legge n. 289/2001. Secondo l’orientamento espresso con l’interpello n. 6/2016 in tale voce rientrano anche le collaborazioni rese direttamente in favore del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, delle discipline associate e degli Enti di promozione sportiva.

Infine le parti possono rivolgersi alle commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 276/2003 per la certificazione dell’assenza dei requisiti di subordinazione e in tale occasione il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale, cui aderisce o conferisce mandato, o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Possono certificare le commissioni istituite presso:

  • gli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell’ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
  • le Direzioni provinciali del lavoro e le province;
  • le Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell’articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
  • il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito delle risorse umane e strumentali già operanti presso la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;
  • i consigli provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla Legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell’ambito territoriale di riferimento.

*ODCEC Nola

2 commenti
  1. lisa
    lisa dice:

    salve vorrei avere delle info maggiori sul contratto cococo,
    siamo un’associazione,vorremmo stipulare un contratto lavorativo a progetto cococo ad un socio ,ma vorrei sapere se bisogna dare un minimo sindacale e quali sarebbero le percentuali di spese del datore di lavoro.
    grazie dell’attenzione lisa

    Rispondi
  2. francesca
    francesca dice:

    salve vorrei avere maggior info su questo contratto mi hanno proposto questo contratto a sei euro all ora e senza imps , cio ‘ significa che dovrei pagarmeli io ?

    Rispondi

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