L’ esercizio della consulenza del lavoro da parte del commercialista: obblighi e opportunità

di Fabio F. Diano*

 L’esercizio della consulenza del lavoro costituisce una delle possibili aree di attività professionale, che gli iscritti agli Ordini dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili possono liberamente intraprendere, con competenza e cognizione di causa.

Tale area, infatti, da sempre rientra tra le competenze del Commercialista, ancor prima della legge 11 gennaio 1979, n. 12, istitutiva dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, la quale ha, peraltro, consacrato, tra le altre, la figura del Commercialista quale soggetto abilitato all’esercizio dell’attività di consulenza del lavoro, con l’unico obbligo, come vedremo meglio in seguito, di darne comunicazione al Servizio Ispezione del Lavoro della D.T.L. delle province nel cui ambito intende svolgere l’attività di cui in commento.

Il rapido mutamento del contesto socio- economico degli ultimi due decenni, sotto la spinta propulsiva del diffondersi del World Wide Web, nato, appunto, nel 1993, causa della c.d. “globalizzazione dei mercati” o “mondializzazione dell’economia”, che dir si voglia, ha fatto sì che il “lavoro”, nella sua accezione più ampia, che comprende, quindi, anche il welfare, diventasse uno degli elementi imprescindibili e critici della nuova economia.

Oggi come oggi, pertanto, nessun professionista del comparto giuridico- economico, Commercialista in primis, può prescindere dal cimentarsi con il diritto e il mercato del lavoro, sempre più complesso ed esigente. Di conseguenza, la consulenza del lavoro, attività meno consueta di altre per i commercialisti, può risultare di estremo interesse, sia per i giovani neo abilitati, che per professionisti già affermati, i quali intendono diversificare la propria attività. Come detto, il mercato richiede sempre più velocità (a volte a discapito della qualità) e servizi sempre più articolati, pertanto potrebbe essere vantaggioso per il cliente, disporre di studi/strutture multidisciplinari dove poter usufruire di servizi integrati, in capo ad un unico centro di imputazione. Il primo comma, dell’art. 1 della legge n. 12/1979, recita: “Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’articolo 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo articolo 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra.”. Altresì, i predetti adempimenti, ai sensi del 5° comma, art. cit., possono, dal datore di lavoro, anche essere esternalizzati ed affidati ad un centro elaborazione dati. In tal caso, però, le attività dovranno essere limitate al mero svolgimento di operazioni di calcolo e stampa in materia di lavoro, previdenza e assistenza e all’esecuzione delle attività strumentali e accessorie (in pratica, elaborazione paghe e contributi e trasmissioni telematiche relative denunce). I Ced devono in ogni caso essere assistiti da uno o più iscritti agli Albi indicati nel citato articolo 1. I commercialisti e gli avvocati, a differenza dei consulenti del lavoro (unica diversità), sono tenuti, come accennato ad inizio articolo, a darne comunicazione al competente Servizio Ispezione del Lavoro della D.T.L. delle province nel cui ambito intendono svolgere gli adempimenti in materia di lavoro. Per ciò che concerne il momento temporale dell’obbligo di effettuazione, la voce e la coniugazione del verbo “intendere” utilizzata, (“intendono”), fa presumere che la comunicazione de qua debba essere preventiva rispetto all’inizio dell’esercizio di tale attività, anche se ciò, si evidenzia, non è specificato in alcuna norma. Così come non è specificato se debba essere fatta in “bollo” o meno e quale canale utilizzare. Risulta, infatti, a chi scrive, che la D.T.L. di Torino, al contrario di varie altre D.T.L., tra cui Roma, la esige in bollo ed a mezzo raccomandata A.R. o a mano, ma non via PEC. Sul punto sarebbe opportuno un chiarimento Ministeriale che uniformasse l’adempimento a livello nazionale. Sarebbe, altresì opportuna, una modifica legislativa abrogativa di tale datato obbligo, atteso che l’art. 10, c.11, della legge n. 183/2011, ne ha abrogato, con decorrenza 1° gennaio 2012, la sanzione per il mancato rispetto. Obbligo, che tuttavia, è bene precisare, deve essere rispettato anche in assenza di norma sanzionatoria, poiché, il mancato adempimento, viene comunque “punito” in via indiretta con l’impossibilità ad operare in materia, in quanto la “comunicazione” viene richiesta dagli Enti previdenziali ed assicurativi, pena il mancato rilascio della qualifica di “intermediario”. Nonché, sempre il mancato adempimento, potrebbe essere utilizzato strumentalmente da parte delle compagnie di assicurazione, per non risarcire il commercialista lavorista in caso di sinistro. Infine, sul tema, quale extrema ratio, potrebbe profilarsi il reato di esercizio abusivo della professione, anche se la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 31432/2004 lo ha escluso. Tuttavia, il fatto che la Suprema Corte ne abbia discusso, vuol dire che il problema è stato sollevato.

In conclusione, soprattutto in un contesto storico di forte recessione economica come quello attuale, dove le tematiche del lavoro e i riflessi sociali di esse, coinvolgono in maniera dirompente le aziende e i territori dove queste ultime sono ubicate, la consulenza del lavoro può costituire, per il Commercialista, giovane o affermato che sia, un’ulteriore area professionale cui affacciarsi, soddisfacente non meno di altre, mai come ora, verrebbe da dire.

*Componente della Commissione Diritto del Lavoro ODCEC Roma

 

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