La riforma del Terzo Settore

di Carmelina Barbagallo*

Nell’anno appena concluso è stata avviata la Riforma del terzo settore, introdotta dalla legge 6 giugno 2016, n. 106 “Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. Tre sono i decreti che hanno “dato vita” a tale riforma:

  • con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 19 luglio 2017 n. 167) è stata approvata la revisione della disciplina dell’impresa sociale. Il provvedimento è attuativo dell’articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106;
  • con il decreto legislativo 3 luglio 2017, 111 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 18 luglio 2017 n. 166) sono state dettate le regole in materia di destinazione del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef);
  • con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 179 del 2 agosto 2017 supplemento ordinario n. 43) sono state dettate le norme relative al codice del terzo settore (CTS), attuative dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106;

Con modalità analoga a quella precedente, la destinazione del cinque per mille dell’Irpef può essere disposta dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi, con riferimento al periodo d’imposta precedente, a favore dei soggetti previsti dalla norma aventi le seguenti finalità:

  1. sostegno degli enti di cui all’articolo 1 della legge, iscritti nel Registro previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera m), della medesima legge;
  2. finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;
  3. finanziamento della ricerca sanitaria;
  4. sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
  5. sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

Ai suddetti primi interventi legislativi ne seguiranno altri sia di completamento della normativa, sia di attuazione della stessa. La riforma del terzo settore va quindi in due direzioni: la prima, sicuramente quella di razionalizzare in un testo unico l’enorme mole di leggi e regolamenti in materia, la seconda, eliminare alcune incertezze legislative che hanno spesso reso il terzo settore ambito di interesse dove mascherare attività lucrative.

Il codice di cui al d.lgs. 117/2017 definisce gli enti del terzo settore, individuati nelle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni, riconosciute o non, fondazioni ed altri enti diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi (art. 4). Non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 117/2017 sono state abrogate le norme che fin’ora hanno disciplinato:

  • le organizzazioni di volontariato, abrogazione legge 266/1991;
  • le associazioni di promozione sociale, abrogazione legge 383/2000;
  • le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, abrogazione legge 155/2006.

La nuova riforma disciplina l’istituzione del Registro unico nazionale del terzo settore. Gli enti del terzo settore, comprese le organizzazioni non governative (ONG), ai sensi dell’art. 89, c. 9) si iscrivono nel Registro unico e indicano gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L’iscrizione è obbligatoria per usufruire di agevolazioni tributarie ed altri benefici.

Oltre che nel suddetto Registro, gli enti del terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale sono tenuti a iscriversi nel Registro delle Imprese. Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del Registro delle Imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore. In base alla loro dimensione, gli enti del terzo settore debbono pubblicare sul proprio sito internet il bilancio sociale, redatto secondo apposite linee guida, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte, nonché gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti e agli associati (art. 14).

Le disposizioni relative al regime fiscale si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea (per la quale non è prevista una scadenza) e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro stesso.

I lavoratori degli enti del terzo settore hanno diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali. In ogni caso, in ciascun ente del terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del terzo settore attestano il rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di missione (art.16 d.lgs.117/2017).

La Direzione generale competente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con propria circolare prot. 34/0012604 del 29/12/2017 ha diramato le prime indicazioni sulle modalità applicative del codice del terzo settore, precisando che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del d.lgs. 117/2017, fino all’operatività del Registro unico continuano “a trovare applicazione le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione nei registri Onlus, nei registri del volontariato e della promozione sociale” e che fino a tale momento il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale si intende soddisfatto attraverso l’iscrizione a uno dei registri attualmente previsti dalla previgente normativa di settore.

Gli enti già costituiti prima del 3 agosto 2017 hanno a disposizione il termine di 18 mesi per apportare le conseguenti modifiche al proprio statuto.

Si precisa che il legislatore non ha incluso il settore sportivo dilettantistico nell’ambito della riforma del terzo settore, di conseguenza le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) continuano a essere disciplinate dalle norme preesistenti. È stata comunque prevista la possibilità per le ASD di chiedere l’iscrizione nel Registro unico nazionale, precisamente nella sezione “g) altri enti del terzo settore” (cfr. art. 46, primo comma, del CTS), oppure, avendone i requisiti specifici di cui all’articolo 35, come associazione di promozione sociale (APS).

* Odcec Catania

 

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