Le controversie in materia di indennità di vacanza contrattuale (c.d. AFAC) nei CCNL istituti di vigilanza privata e servizi fiduciari

di Giovanni Chiri* 

Il Ccnl per dipendenti da Istituti di Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari 01.02.2013 – 31.12.2015, all’art. 109 ha previsto la corresponsione di una copertura economica da erogare ai lavoratori nelle more del rinnovo contrattuale a decorrere dal 1° marzo 2016, qualificandolo come acconto sui futuri aumenti contrattuali (c.d. AFAC).

Il contratto collettivo aveva scadenza al 31.12.2015 e ad oggi le parti sociali non hanno ancora sottoscritto il nuovo Ccnl di settore. Di fatto il periodo di vacanza contrattuale è ancora in essere.

Questa situazione ha generato comportamenti discordanti tra i datori di lavoro in relazione al pagamento dell’AFAC: chi non lo ha mai corrisposto, chi l’ha qualificato come indennità, chi invece come somma ricompresa nella retribuzione di base. Di conseguenza, negli ultimi anni diversi tribunali italiani sono stati interpellati in merito alla natura giuridica e al diritto dei lavoratori di percepire l’emolumento in questione e hanno emesso pronunce discordanti.

Al fine di meglio comprendere la questione, è opportuna una breve premessa relativa all’evoluzione della contrattazione collettiva del settore.

Il precedente Ccnl di settore 01.01.2005 – 31.12.2008, stipulato in data 02.05.2006, all’art. 145 aveva recepito l’istituto dell’indennità di vacanza contrattuale introdotto dall’Accordo Interconfederale del 23.07.1993, disponendo che: “In assenza di accordo, dopo un periodo di tre mesi dalla data di scadenza del CCNL e, comunque, dopo un periodo di tre mesi dalla data di presentazione della piattaforma di rinnovo, se successiva alla scadenza del CCNL, sarà corrisposto ai lavoratori dipendenti un elemento provvisorio della retribuzione (cosiddetta Indennità di Vacanza Contrattuale)….Nell’accordo di rinnovo del CCNL le Parti definiranno tempi e modalità di cessazione dell’Indennità di Vacanza Contrattuale eventualmente erogata”.

In seguito, l’Accordo Interconfederale sulla riforma degli assetti contrattuali del 15.04.2009 ha sostituito il precedente A.I. del 1993 e ha introdotto una nuova disciplina relativa a tempi e modalità delle procedure di negoziazione e rinnovo contrattuali, subordinando al rispetto di questa disciplina la possibilità da parte dei singoli contratti collettivi di riconoscere una copertura economica in favore dei lavoratori per il periodo di durata delle trattative tra le parti sociali.

Tale disposizione è stata recepita dal Ccnl 01.02.2013 – 31.12.2015 sottoscritto in data 08.04.2013 all’art. 109, che dispone: “Le parti, al fine di evitare gli effetti distorsivi derivanti dall’eccessivo prolungamento delle trattative di rinnovo, così verificatosi in occasione del presente rinnovo e garantire un’adeguata continuità nella dinamica dei trattamenti salariali, concordano che gli Istituti erogheranno a decorrere dal 01 marzo 2016 a tutti i dipendenti una copertura economica… anche a titolo di acconto sui futuri aumenti contrattuali. Gli importi erogati a detto titolo saranno assorbiti dai futuri aumenti contrattuali”.

 

Rispetto a quest’ultima disposizione, la condotta più diffusa tra i differenti datori di lavoro è stata quella di corrispondere l’emolumento escludendolo dalla paga base conglobata e negandone l’incidenza sugli altri istituti retributivi. Si è quindi sviluppato un contenzioso giudiziale che ha visto i lavoratori rivendicare la natura retributiva dell’AFAC e la sua inclusione nella paga base conglobata, con conseguente incidenza sugli istituti retributivi indiretti.

Alcuni Tribunali hanno rigettato i ricorsi dei lavoratori sottolineando il carattere provvisorio dell’AFAC. In queste pronunce i giudicanti hanno richiamato gli artt. 109 e 144 del Ccnl 2013-2015 rilevando come l’emolumento AFAC sia definito “elemento provvisorio della retribuzione a copertura del periodo  di  vacanza  contrattuale”.  Se  così è,  si tratterebbe di un’anticipazione provvisoria e contingente prevista in favore dei lavoratori, suscettibile di una diversa regolamentazione contrattuale ad opera delle parti sociali in sede di rinnovo contrattuale. Pertanto non sarebbe possibile valutare la correttezza dell’applicazione di questo istituto ad opera del datore di lavoro se non successivamente alla definitiva regolamentazione del periodo pregresso ad opera del nuovo Ccnl di settore (cfr. Trib. Como sentenza n. 296/2017 del 09/02/2018; Trib. Venezia sentenza n. 40/2019 del 25/01/2019).

Le sentenze di cui sopra richiamano un precedente della Cassazione – sentenza n. 1495/2014 del 27/06/2014 – che, nell’ambito di un filone giurisprudenziale concorde, aveva espresso il medesimo concetto con riferimento all’indennità di vacanza contrattuale prevista dal precedente Ccnl 2005-2008 art. 145.

Queste sentenze appaiono argomentate con superficialità: adottano in modo acritico un’interpretazione fornita dalla Cassazione con riferimento alle norme del Ccnl 2005-2008, senza analizzare le specifiche disposizioni del Ccnl 2013-2015. La mera qualificazione dell’AFAC quale indennità di vacanza contrattuale è ritenuta sufficiente per applicare quanto già affermato in relazione al precedente assetto contrattuale. Si tratta, però, di normative contrattuali che differiscono nella sostanza tanto da giustificarne una diversa interpretazione.

In contemporanea alle citate pronunce, si è sviluppato in seno al Tribunale di Milano un contrapposto orientamento che ha costantemente e ripetutamente riconosciuto natura retributiva all’emolumento AFAC e la sua incidenza sugli altri istituti contrattuali. Al Tribunale di Milano va riconosciuto il merito di aver argomentato le proprie decisioni analizzando in modo specifico le norme del Ccnl 2013-2015, oggetto del contendere. (cfr. Tribunale Milano sent. 750/18 del 20/03/2018, sent. 2238/18 del 14/09/2018, sent. 2250/18 del 17/09/2018, sent. 178/19 del 22/05/2019, sent. 1433/19 del 10/06/2019).

Le sentenze in esame, innanzitutto, qualificano l’AFAC come indennità di vacanza contrattuale, in quanto espressamente corrisposta al fine di evitare gli effetti distorsivi derivanti dall’eccessivo prolungamento delle trattative di rinnovo contrattuale (art. 109 Ccnl).

Vengono poi analizzati gli artt. 105 e 106 del Ccnl relativi alla “retribuzione normale”. Il primo individua gli elementi che compongono la retribuzione normale, tra i quali vi è anche il “salario unico nazionale (paga base tabellare conglobata)”. Il secondo individua gli elementi che costituiscono il salario unico nazionale, tra i quali è annoverata l’indennità di vacanza contrattuale.

Da ciò i giudici deducono che le parti sociali hanno inteso ricomprendere la copertura economica prevista dall’art. 109 del Ccnl nella normale retribuzione, con conseguente incidenza su tutti gli istituti contrattuali che rimandino a essa.

A rinforzo della tesi accolta, viene effettuata una comparazione tra l’istituto dell’art. 109 e il diverso istituto previsto dall’art. 142 del Ccnl.

Quest’ultimo, rubricato “Una tantum”, prevede l’erogazione in favore dei lavoratori ancora in forza alla data del 1 febbraio 2013 di una somma a copertura del periodo di vacanza contrattuale decorso dal 1 gennaio 2009 al 31 gennaio 2013, specificando che questo importo non è utile ai fini del computo di alcun istituto contrattuale o legale, ivi compreso il trattamento di fine rapporto.

Analizzando il complesso normativo del Ccnl, i giudici milanesi deducono che l’unica interpretazione coerente sia che l’indennità di vacanza contrattuale, inclusa nella retribuzione normale dall’art. 106, sia quella dell’art. 109 relativa al periodo successivo all’entrata in vigore del Ccnl 2013 – 2015 e non quella relativa al periodo di vacanza precedente, disciplinata dall’art. 142. Contrariamente, vi sarebbe una regolamentazione contraddittoria dell’indennità di vacanza contrattuale per il periodo 1 gennaio 2009 – 31 gennaio 2013, inclusa nella retribuzione normale dall’art. 106 e poi esclusa dal successivo art. 142.

Le sentenze in esame richiamano poi la sentenza di Cassazione n. 14595/2014, posta a fondamento della diversa soluzione adottata da altri tribunali. Viene messo in evidenza come le statuizioni di diritto ivi contenute riguardino una differente fattispecie. Mentre in precedenza la decisione sulle sorti di questo emolumento era stata affidata alla futura contrattazione collettiva dall’art. 145 del Ccnl 2005 – 2008 (definizione poi avvenuta con l’art. 142 Ccnl 08.04.2013), con l’art. 109 Ccnl 2013 – 2015 le parti sociali hanno direttamente ed espressamente definito la questione all’interno del contratto collettivo, con una disciplina completa e definitiva. Di conseguenza il precedente di legittimità richiamato non può essere considerato pertinente.

Le argomentazioni dei giudici meneghini sembrano essere le più solide in quanto fondate sull’analisi delle specifiche norme oggetto di causa e sull’interpretazione della volontà contrattuale delle parti sociali.

In particolare, risulta determinante la comparazione tra le norme di riferimento dei due Ccnl che si sono susseguiti e il riscontro della diversa, evoluta, impostazione del Ccnl 2013 – 2015 rispetto al precedente in materia di indennità di vacanza contrattuale.

L’orientamento in esame, pur riconoscendo la natura intrinsecamente provvisoria dell’indennità di vacanza contrattuale, esclude che questa caratteristica sia determinante per la decisione delle cause proprio per il fatto che le parti sociali hanno superato questa provvisorietà dettando la disciplina definitiva per il futuro. Questo elemento di differenza rispetto alla precedente normativa contrattuale è considerato idoneo fondamento per il riconoscimento delle pretese dei lavoratori.

In conclusione, sebbene debba darsi atto della pendenza di un giudizio di appello avverso una delle citate sentenze milanesi, la soluzione ripetutamente proposta dal Tribunale di Milano appare la più corretta sul piano giuridico.

Di conseguenza, il datore di lavoro iscritto a una delle sigle firmatarie del Ccnl 2013-2015 che avesse applicato criteri di erogazione dell’AFAC non conformi successivamente al 1 marzo 2016, sarebbe esposto al rischio non indifferente di rivendicazioni retributive – presenti e future – da parte dei propri lavoratori subordinati.

*Avvocato in Mantova

 

 

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