L’efficacia del licenziamento intimato a mezzo raccomandata in caso di assenza del destinatario

di Giada Rossi* 

Nell’era attuale, a forte connotazione tecnologica, aperta alle più innovative forme di comunicazione e dove un licenziamento, seppur con alcune accortezze, può essere validamente intimato a mezzo mail, SMS (short massage service) o App di messaggistica (whatsapp e simili), la tradizionale raccomandata, con ricevuta di ritorno mediante il servizio postale, viene tuttora considerata la soluzione preferibile onde garantire il buon esito di una comunicazione di recesso.Nella prassi, tuttavia, anche tale usuale e comune strumento non va esente da incertezze e dubbi operativi, con particolare riferimento  all’ipotesi  di  impossibilità  di recapito nelle mani del destinatario della missiva.

La data a decorrere dalla quale una comunicazione a mezzo posta possa ritenersi validamente ricevuta è essenziale onde computare i termini di eventuali decadenze oppure al fine di adempiere ad obblighi di legge. A titolo esemplificativo basti menzionare l’ipotesi di licenziamento, dal cui perfezionamento decorrono, lato lavoratore, i sessanta giorni per l’impugnazione stragiudiziale e, dal lato datoriale, i cinque giorni per le comunicazioni obbligatorie di avvenuta risoluzione del rapporto lavorativo; stesso dicasi per ulteriori comunicazioni concernenti il rapporto lavorativo, quali le contestazioni disciplinari, dal cui ricevimento decorrono i termini per le giustificazioni nonché, nel rispetto di taluni contratti collettivi, per l’irrogazione della relativa sanzione.

La lettera di licenziamento ha natura di atto unilaterale recettizio e come tale, ai sensi dell’art. 1334 c.c., produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona a cui è destinata. In ogni caso, prosegue l’art. 1335 c.c., tali dichiarazioni si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia (art. 1335 c.c.).

Tesi minoritarie hanno sostenuto che, in assenza del destinatario, il perfezionamento della spedizione dovesse coincidere con lo spirare del termine di compiuta giacenza presso l’ufficio postale, decorso il quale la missiva viene ritrasmessa al mittente.

Il tempo necessario al compimento della giacenza rappresenta tuttavia un elemento estrinseco alla fattispecie disciplinata dagli artt. 1334 e 1335 c.c., sicché non può influire sul momento di presunta conoscenza dell’atto giunto all’indirizzo del destinatario.

La Corte di Cassazione ha dunque da tempo chiarito, e ribadito con orientamento pressoché univoco, che un atto unilaterale recettizio, qual è il licenziamento, si presume conosciuto – ai sensi dell’art. 1335 c.c. – nel momento in cui è recapitato all’indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva conoscenza; ne consegue che, ove il licenziamento sia intimato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario (ex multis, Cassazione civile, sez. lav., 28/09/2018, n. 23589).

La norma in commento, come sopra richiamata, fa salvo il caso di incolpevole mancata conoscenza del destinatario del tentativo di consegna, indi dell’avviso di giacenza.

Trattasi di una presunzione juris tantum, ovverosia relativa, che ammette dunque la prova contraria, a carico ovviamente di colui che intende eccepire l’incolpevole mancata conoscenza della comunicazione a lui indirizzata.

In questa ipotesi certamente rientrano le ipotesi di irregolarità verificatesi nel procedimento di recapito. Più difficile, per contro, giustificare l’incolpevole impossibilità per condizioni imputabili al destinatario stesso.

La casistica delle circostanze idonee a superare la presunzione suddetta è alquanto ridotta, dovendosi trattare di eventi straordinari ed imprevedibili; una mera vacanza o financo un ricovero ospedaliero non sarebbero sufficienti a mandare esente da colpa il lavoratore assente al momento del recapito e che voglia eccepire un’incolpevole mancata contezza della comunicazione inviatagli.

In proposito si richiama la sentenza della Suprema Corte del 7/5/1992 n. 5393 nella quale viene esclusa la rilevanza di un’assenza del lavoratore per “un periodo di riposo fuori sede, noto financo alla società; ivi si legge infatti che la presunzione opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione stessa nel luogo indicato dalla norma e la impossibilità di acquisire in concreto detta conoscenza deve dipendere da un evento estraneo alla volontà del destinatario. Nello stesso senso il Tribunale di Brescia, con la sentenza del 19 giugno 2008, statuisce che anche un prolungato stato di malattia o un ricovero ospedaliero non possono attestare l’impossibilità di attivare un minimo grado di diligenza sufficiente per mettersi in condizione di avere conoscenza delle comunicazioni di terzi (nel caso di specie peraltro, il lavoratore aveva già ricevuto comunicazioni dal datore di lavoro – e aveva trasmesso la documentazione medica per il tramite della madre – così dimostrando che vi fosse almeno una persona che aveva accesso alla  sua  corrispondenza).  Sempre nel caso all’esame della citata Corte territoriale, era stato eccepito come la lettera di licenziamento sarebbe dovuta avvenire presso l’ospedale in cui era in corso il ricovero; la Corte rigettava anche tale ultima eccezione sull’assunto che non era stata effettuata un’elezione di domicilio speciale, pertanto doveva ritenersi corretto l’invio di comunicazioni presso l’abitazione del lavoratore.

Ne consegue che, in caso di licenziamento, il datore di lavoro, al fine dell’operatività della presunzione, debba meramente comprovare l’avvenuto tentativo di recapito della comunicazione presso l’indirizzo del lavoratore; incombe invece su quest’ultimo la prova di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà, che abbia di fatto precluso la conoscibilità del tentativo di recapito.

In assenza di detti eventi eccezionali, in virtù del combinato disposto degli artt. 1334 e 1335 c.c., la comunicazione di licenziamento deve ritenersi pervenuta all’indirizzo del lavoratore al momento del rilascio dell’avviso di giacenza presso l’ufficio postale del plico a lui destinato.

*Avvocato in Milano

 

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