L’accordo transattivo e l’assoggettamento contributivo: una storia infinita….

di Ferdinando Marchetti, Salvatore Catarraso, Alessandro Carnevale, Gianluca Bartolini e Massimiliano Bisia*

L’art. 1965 del Codice civile afferma che: “La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”.Nonostante si continui a dire che il Tribunale del lavoro è “più veloce” e che i “vecchi” Giudici totalmente a favore dei lavoratori siano andati in pensione, i costi del contenzioso del lavoro sono sempre molto alti e continuano ad avere ampi margini di incertezza. Anche per questo, l’utilizzo dello strumento transattivo è in continua crescita, nonostante l’istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps) sostenga, salvo poche eccezioni, che tutte le somme erogate a seguito di una transazione stipulata in corso o alla cessazione di un rapporto lavorativo siano imponibile ai fini contributivi, oltre che a quelli fiscali. In realtà non è proprio così.

Consentiteci una doverosa premessa

Per essere transattivo, un accordo deve possedere almeno degli elementi costitutivi che sono:

  • la situazione di incertezza;
  • la comune volontà delle parti di metter fine alla lite;
  • la reciprocità delle concessioni.

Con tali elementi costitutivi le due forme di transazioni esistenti sono:

SEMPLICI: sono quelle transazioni che derivano da una lite, dovute ad un diritto incerto, tra due parti, disposte a farsi concessioni reciproche, ovvero a sacrificare alcune delle proprie pretese in favore di altre concesse, per l’appunto, dall’altra Parte, invece di ricorrere al Giudice e “sopportare” i tempi lunghi del contenzioso in tribunale., NOVATIVE: sono invece quelle transazioni la cui causa è totalmente svincolata ed autonoma rispetto al rapporto di lavoro, al fine di regolamentare nuovi interessi ed esigenze diverse e slegate dal contratto principale.

Conosciamo bene ai fini fiscali la differenza tra i 2 tipi di somme che possono essere corrisposte e cioè di “lucro cessante” e “danno emergente”. Nel primo caso la tassazione è piena, ovvero le somme costituiranno redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti, nel secondo caso non rientreranno nel reddito soggetto a tassazione (cfr. anche Cassazione 10972/2009).

Situazione completamente diversa e di ampia discussione sia giurisprudenziale che dottrinale è il profilo contributivo della transazione.

L’art. 12 della Legge 30 aprile 1969 n. 153 al comma 4 elenca gli importi esclusi dalla base imponibile di seguito riportati:

a) le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto;

b) le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso;

c) i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni;

d le somme poste a carico di gestione assistenziali e previdenziali obbligatorie per legge; le somme e le provvidenze erogate da casse, fondi e gestioni di cui al successivo punto f) e quelle erogate dalle Casse edili di cui al comma 4; i proventi derivanti da polizze assicurative; i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza con la prestazione lavorativa;

e) nei limiti ed alle condizioni stabilite dall’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati;

f) i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, e a casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione. I contributi e le somme predetti, diverse dalle quote di accantonamento al t.f.r., sono assoggettati al contributo di solidarietà del 10 per cento di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º giugno 1991, n. 166, e al citato decreto legislativo n. 124 del 1993, e successive modificazioni e integrazioni, a carico del datore di lavoro e devoluto alle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori. Resta fermo l’assoggettamento a contribuzione ordinaria nel regime obbligatorio di appartenenza delle quote ed elementi retributivi a carico del lavoratore destinati al finanziamento delle forme pensionistiche complementari e alle casse, fondi e gestioni predetti. Resta fermo, altresì, il contributo di solidarietà a carico del lavoratore nella misura del 2 per cento di cui all’articolo 1, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579;

g) i trattamenti di famiglia di cui all’articolo 3, comma 3, lettera d), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

In passato, sia per effetto delle norme di legge che per effetto di alcune sentenze della Corte di Cassazione, si tendeva a considerare non imponibili ai fini contributivi le erogazioni effettuate in ambito transattivo avente la caratteristica della novazione.

La legge n.153 del 30 aprile 1969 offre altresì una definizione di indisponibilità dell’obbligazione contributiva dall’agire delle parti in sede transattiva (in base a cui l’ente previdenziale possa in ogni tempo agire in giudizio per far valere il credito contributivo derivante dalla legge, a prescindere dall’esito della transazione) ed una previsione di esenzione contribuzione per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori (nonché per quelle erogate in base alla predetta cessazione, salvo eccezioni).

L’Inps in passato si è così pronunciato:

Nel messaggio n.7585 del 2006, l’Istituto, quale premessa generale, ribadisce che le somme erogate in seguito a transazioni stipulate nel corso ovvero alla cessazione del rapporto di lavoro non sono, di per se, escluse dalla base imponibile. E’ pertanto necessario procedere ad una attenta disamina dei contenuti della specifica transazione, nonché delle originarie pretese oggetto della controversia, onde rilevare la riferibilità o meno dell’erogazione di una somma a obbligazioni aventi natura retributiva.

Con la circolare n. 6 del 16 gennaio 2014, l’Inps affronta nuovamente e in maniera più sistematica il tema dell’imponibilità contributiva delle somme erogate a seguito di transazioni. L’imponibilità contributiva dei predetti importi ricorre ogni qualvolta emerga da un’accurata analisi che agli stessi sia ricollegabile una «… funzione di corrispettivo, sia pure indiretto, di obbligazioni che trovano titolo nel rapporto di lavoro …». Ad avviso dell’ente previdenziale, infatti, le reciproche concessioni che gli attori di un accordo transattivo possono concedersi non potrebbero riguardare rinunce, anche parziali, di quanto dovuto od accertato a titolo di contribuzione, dato che una simile previsione ricadrebbe nell’ipotesi di nullità prevista dal richiamato terzo comma, dell’art. 2115. Solo in caso di transazione effettivamente novativa è possibile ritenere che l’importo corrisposto non sia collegato al pregresso rapporto di lavoro e che, pertanto, sullo stesso non sia dovuta la contribuzione previdenziale.

Da ultima è intervenuta la sentenza n. 9180 del 23/04/2014 nella quale la Corte di Cassazione ha definito una controversia tra l’Inps ed un istituto di credito, avente ad oggetto la richiesta, da parte dell’ente previdenziale, di versamento di contributi a fronte di una transazione di lavoro riguardante due ex dipendenti dell’istituto di credito.

  1. che risulti carente un nesso stretto di corrispettività tra il rapporto di lavoro e l’erogazione;
  2. che risulti un titolo autonomo, distinto e diverso dal rapporto di lavoro, che ne giustifichi la corresponsione; solo dall’analisi attenta della transazione e delle pretese originarie oggetto della controversia tra le parti sia possibile evidenziare un rapporto novativo nel quale l’obbligazione retributiva sia totalmente scollegata dal precedente rapporto di lavoro dipendente.

Non è dunque sufficiente, per escludere la riconducibilità delle erogazioni al rapporto di lavoro, che manchi uno stretto nesso di corrispettività, dovendo considerarsi che:

  • a norma della L. n. 153 del 1969, art. 2, tutto ciò che il lavoratore riceve, in natura o in denaro, dal datore di lavoro in dipendenza e a causa del rapporto di lavoro rientra nell’ampio concetto di retribuzione imponibile a fini contributivi;
  • i profili contributivi ricollegati al rapporto di lavoro non sono disponibili dalle parti, infatti, l’art. 2115, comma 3 del codice civile, stabilisce la nullità di «… qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza ed alla assistenza»;
  • il disconoscimento delle pretese dei lavoratori è una clausola di stile, funzionale a rendere possibile la regolazione transattiva del rapporto, ma priva di un preciso significato interpretativo. Privo di rilievo è il riferimento all’incentivazione all’esodo (causa tipica dell’incentivo all’esodo e` quella di indurre il lavoratore ad anticipare la risoluzione del rapporto di lavoro), che costituisce una formula di copertura, peraltro contrastante con la cessazione già avvenuta del rapporto di lavoro.

L’accoglimento da parte dell’Inps della tesi esposta dalla Corte nella citata sentenza, con conseguente verifica generale delle transazioni lavorative concluse presso le DPL territoriali, potrebbe generare (scatenare?!?) numerose richieste di regolarizzazione contributiva sulle somme versate al lavoratore.

Di seguito indichiamo, a titolo d’esempio, alcuni assoggettamenti tipici.

Titolo Irpef Inps
Risarcimento danni alla salute

causato da una dequalifica- zione professionale

no no
Somme erogate a titolo di risarcimento per la perdita di energie psicofisiche  

no

 

no

Risarcimento danno per perdita di chance dovuta alla mancata definizione di una ’assunzione  

si: RD

 

no

Sentenza che condanna il datore di lavoro a pagare mensilità arretrate  

si: TS

 

si

Transazioni per differenze retributive in corso d’anno  

si: TO

 

si

 

Buona uscita

 

si: TS

 

no

Indennità sostitutiva del preavviso  

SI: TS

 

si

 

Legenda:

RD = redditi diversi;

TO = tassazione ordinaria; TS = tassazione separata.

Riferimenti giurisprudenziali e di prassi:

  • Corte di Cassazione, Sezione V, n. 1467 del 02/02/2001;
  • Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 155/E del 24/05/2002;
  • Corte di Cassazione, Sezione V, sentenza 3956 del 19/03/2002;
  • Corte di cassazione, sentenza n. 11687 del 05/08/2002;
  • Corte di Cassazione – Sezione V, n. 16014 del 17/08/2004. 

* Odcec Roma

 

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