Start – up innovative: le deroghe alla disciplina giuslavoristica e le agevolazioni in materia di lavoro

di Stefano Ferri* 

La vigente normativa in materia di lavoro, impostata su principi che prevedono il rapporto a tempo indeterminato quale fattispecie ordinaria, non poteva incontrare le necessità delle imprese “start-up innovative”, caratterizzate da esigenze di massima duttilità anche in materia di lavoro.

Le start-up innovative sono, come facilmente comprensibile, l’antitesi dell’anelito “posto fisso”.

Il legislatore era quindi chiamato ad ampliare, per questa tipologie di imprese, la possibilità di porre in essere contratti a tempo determinato, con l’apposizione di un termine calibrato sulla prevedibile utilità e fruibilità di tali prestazioni, sovente di livello elevato.

“Il diritto nasce vecchio” è principio ben noto ai giuristi: di regola il testo legislativo deriva da pre-esistenti esigenze sociali e/o economiche che i consociati avvertono e che gli organi legislativi, ciascuno per le proprie competenze, cercano di soddisfare con la novella norma. In tale ottica e prospettiva deve essere colloca- to l’articolo 28 del Decreto Legge 179/2012, convertito con modificazioni nella Legge 221/2012, le cui disposizioni si applicano per le start-up innovative, definite con precisione all’art. 25 del Decreto stesso, per il periodo di quattro anni dalla data di costituzione (ovvero per il più limitato periodo previsto dal medesimo articolo al secondo comma, per le società già costituite).

Il citato articolo 28 consente a tali tipologie di imprese di assumere personale con contratti a tempo determinato (ovvero contratti di somministrazione a tempo determinato) della durata minima di sei mesi e massima di trentasei mesi. In tale arco temporale il rapporto di lavoro può essere instaurato con un solo contratto o con vari contratti a termine prorogati o rinnovati senza soluzione di continuità. Viene inoltre consentita la stipula di un ulteriore e successivo contratto a tempo determinato per la durata residua rispetto al periodo massima di quattro anni dalla data di costituzione (ovvero per il più limitato periodo già indicato all’art. 25 terzo comma, per le società già costituite) a condizione che si tratti sempre delle citate attività e che la stipula avvenga presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio. E’ evidente che l’intervento dell’Autorità in materia di lavoro ha funzione di vigilanza sulla corretta applicazione della norma e sulla presenza di tutti i presupposti che giustificano la deroga alle disposizioni in materia di contratto a tempo determinato, visto sempre con sospetto dal legislatore.

Successivamente l’articolo 28 sanziona l’eventuale prosecuzione e il rinnovo dei rapporti a termine oltre la durata massima prevista, ovvero la loro trasformazione in contratti di collaborazione privi dei caratteri della prestazione d’opera o professionale, prevedendone la trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Questa soluzione è spesso applicata dal legislatore e consiste nel mantenere il rapporto in essere eliminando il solo termine convertendo di conseguenza il con- tratto a tempo indeterminato. La medesima conversione a tempo indeterminato si ha qualora l’impresa che stipula un contratto a termine non risulti essere in possesso dei requisiti

di start-up innovativa previsti dall’articolo 25. Sempre nella direzione della massima flessibilità del rapporto di lavoro devono interpretarsi le disposizioni di cui al settimo e ottavo comma; in esse si prevede che la retribuzione dei lavoratori assunti da una società start up- innovativa sia costituita da due parti:

  • la prima non inferiore al minimo tabellare previsto dal contratto collettivo applicabile;
  • la seconda variabile e legata all’efficienza o alla redditività dell’impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo ovvero ad altri obiettivi o parametri di rendimento concordati dalle

E’ consentito incrementare la retribuzione corrispondendo anche “stock option” (diritti di opzione per l’acquisto di quote o azioni della società) ovvero viene ammessa l’integrazione di retribuzione a mezzo del “work for equity” (cessione gratuita di quote o azioni al lavoratore). Si tratta di due soluzioni dirette a fidelizzare maggiormente i lavoratori all’impresa, mediante strumenti di partecipazione al capitale che li rendano interessati all’andamento della società e che peraltro fruiscono di un trattamento fiscale privilegiato. Rammento infatti che l’articolo 27 del citato D.L. 179/2012 prevede che il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle start- up innovative e degli incubatori certificati, ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi, di strumenti finanziari o diritti similari, ivi compresi quelli appena indicati, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei percettori, sia ai fini fiscali che contributivi.

E’ del tutto evidente l’utilizzo della leva fiscale e contributiva per rendere interessanti e diffondere tali forme di retribuzione, correlata alla volontà di superare la contrapposizione classica tra la locatio operarum (il prestare energie lavorative) e la locatio operis (spesso tradotta con l’obbligazione di risultato). Nelle start-up innovative il legislatore tratteggia un rapporto di lavoro basato su un interesse comune ed imperniato sulla collaborazione tra lavoratore e datore di lavoro così da attenuare la tradizionale contrapposizione tra le parti. Il profilo spesso elevato del personale dipendente, in tale tipo di imprese, facilità il dialogo e il raggiungimento dell’obiettivo comune da perseguire e rende comprensibile l’opportunità per il lavoratore che una parte della remunerazione venga corrisposta con l’attribuzione di quote o azioni della società (ovvero con opzioni per l’acquisto delle stesse) creando l’opportunità di incrementare sensibilmente il patrimonio personale del lavoratore a segui- to dei risultati positivi ottenuti dalla start-up innovativa. Il tutto, si ribadisce, favorito da agevolazioni fiscali e contributive.

Questa nuova impostazione dei rapporti lascia presagire che anche la Giurisprudenza futura valuterà, nelle start-up innovative, sempre meno aprioristicamente “debole” parte lavoratrice e sempre meno “prevalente” parte datrice di lavoro, con maggior attenzione ai reali equilibri aziendali.

Al fine di adattare le disposizioni in materia di lavoro alle peculiarità di questa tipologia di imprese, viene altresì consentito che i contratti collettivi nazionali stipulati dalle parti sociali possano determinare minimi tabellari retributivi specifici diretti all’avvio delle start- up innovative nonché disposizioni ad hoc funzionali ad adattare le regole di gestione del rapporto di lavoro alle particolari esigenze delle società, proprio al fine di rafforzare e stabilizzare tale tipo di impresa.

* ODCEC di Reggio Emilia

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