Decreto fiscale – le novità in materia di lavoro

di Cinzia Brunazzo*

Il Consiglio dei Ministri il 15 ottobre 2021 ha approvato un decreto legge recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.
Fra le misure urgenti in materia di lavoro sono state previste ulteriori disposizioni per i trattamenti di integrazione salariale con causale COVID 19.

I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale con causale COVID 19 per una durata massima di:

– 13 settimane in caso di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021;
– 9 settimane in caso di CIGO per i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche ATECO 2007, con i codici 13, 14 e 15, nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.

Per i trattamenti concessi ai sensi del presente decreto non è dovuto alcun contributo addizionale.

I trattamenti sono riconosciuti a condizione che sia stato già interamente autorizzato il periodo di ventotto settimane di cui all’articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 41 del 2021 o il periodo di diciassette settimane di cui all’articolo 50-bis, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021, decorso il periodo autorizzato.

Le domande di accesso ai trattamenti devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.

In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Inps, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione di cui all’articolo 22-quater, comma 4, del decreto-legge n. 18 del 2020, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

La norma finanzia i Fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Fondi settore Artigianato, somministrazione ecc.) per l’erogazione dell’assegno ordinario con le medesime modalità.

Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale ai sensi del presente decreto restano precluse le procedure di licenziamento collettivo di cui alla L. 223/1991 nonché i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di cui alla L. 604/1996 e, ove avviate, restano sospese per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale.
Rimangono escluse da tali preclusioni o sospensioni:
– le ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
– le ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento NASPI;
– in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

*Direttore scientifico Gruppo Odcec Area lavoro

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