CONTRATTO DI ESPANSIONE

di Cinzia Brunazzo*

Il contratto di espansione è un ammortizzatore sociale mediante il quale l’impresa, che intenda avviare percorsi di reindustrializzazione e riorganizzazione che comportino modifiche dei processi aziendali, può reperire e sviluppare attività lavorative a contenuto nuovo e più tecnico e può, al contempo, accompagnare alla pensione i lavoratori anziani a cui manchino non più di 60 mesi (5 anni) per andare in pensione.

L’istituto, normato dall’art. 41 del d.lgs. n. 148/2015, in origine e in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, si rivolgeva alle imprese con un organico superiore alle 1.000 unità; con la legge di bilancio 2021 lo stesso è stato prorogato anche per l’anno 2021 estendendone il perimetro, ad alcune condizioni, anche alle aziende con un organico non inferiore a 250 unità.

In attesa delle circolari chiarificatrici si riepilogano i presupposti e le procedure necessarie per attivarlo.

Presupposti

Attivazione dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione che comportino, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività, nonché la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego e, in ogni caso, prevedendo l’assunzione di nuove professionalità.

Aziende con un organico non inferiore alle 500 unità lavorative (occupati mediamente nei 6 mesi precedenti nell’ambito dell’impresa); in presenza di tali condizioni i lavoratori interessati:

  • possono beneficiare delle misure di accompagnamento alla pensione se in possesso dei requisiti;
  • in caso di mancanza dei requisiti, è consentita una riduzione oraria, con integrazione salariale da parte della CIGS.

Aziende con un organico non inferiore alle 250 unità lavorative (occupati mediamente nei 6 mesi precedenti nell’ambito dell’impresa), calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi; in presenza di tali condizioni i lavoratori interessati:

– possono beneficiare delle misure di accompagnamento alla pensione se in possesso dei requisiti.

Il contratto di espansione può essere stipulato anche quando l’impresa, la cui struttura sia articolata in diverse unità produttive, abbia in corso – in sedi diverse da quella coinvolta dalle finalità del contratto di espansione – altri strumenti di ammortizzatori sociali (vedasi circ. Min. lavoro 16/2019).

Procedura

Per attivare il contratto di espansione occorre la stipulazione in sede governativa di un contratto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria.

Il procedimento segue le regole generali previste in materia di ricorso alla CIGS e la procedura di consultazione, attivata dalla richiesta di esame congiunto, si esaurisce entro i 25 giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta medesima.

Il contratto di espansione, ai fini della sua efficacia, deve contenere:

  1. il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione, nonché le relative tipologie contrattuali;
  2. la programmazione temporale delle assunzioni;
  3. l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante;
  4. relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori anziani da accompagnare alla pensione.

 

Riduzione di orario

I lavoratori che non rientrano nel beneficio di accompagnamento alla pensione, e che dipendono da aziende con un organico non inferiore alle 500 unità lavorative, riducono l’orario di lavoro con intervento integrativo della CIGS. Di conseguenza possono accedere alla riduzione di orario con integrazione solo le imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 148/2015 (aziende industriali, commerciali con più di 50 dip. ecc.).

L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.

La riduzione media oraria non può essere superiore al 30% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dal contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata, se necessario, fino al 100% nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. In linea generale non sono consentite prestazioni di lavoro straordinario per i lavoratori beneficiari del trattamento di integrazione salariale.

La riduzione dell’attività lavorativa deve corrispondere alla programmazione di una formazione e riqualificazione che ricopra l’intero periodo di riduzione.

In questo caso parte integrante del contratto di espansione è anche un progetto di formazione e riqualificazione rivolto a quel personale che, a causa della modifica dei processi aziendali, del progresso e dello sviluppo tecnologico dell’attività produttiva svolta dall’impresa, risulti in possesso di conoscenze ed abilità operative (know- how) non più adeguate per svolgere una determinata attività lavorativa.

Tale progetto formativo dovrà essere articolato in modo coerente con il rinnovamento di competenze richiesto dal processo aziendale di rinnovamento.

In particolare, deve contenere:

  1. le misure idonee e necessarie a garantire l’effettività della formazione, finalizzate a fare conseguire al prestatore competenze tecniche conformi alla mansione a cui sarà adibito;
  2. i contenuti formativi e le modalità attuative;
  3. il numero complessivo dei lavoratori interessati;
  4. il numero delle ore di formazione;
  5. le competenze tecniche professionali iniziali e finali.

Nel programma devono essere indicate le previsioni di recupero occupazionale dei lavoratori interessati alle sospensioni o riduzioni di orario, nella misura minima del 70%. Per recupero occupazionale deve intendersi, oltre al rientro in azienda dei lavoratori sospesi, anche il riassorbimento degli stessi all’interno di altre unità produttive della medesima impresa ovvero di altre imprese, nonché iniziative volte alla gestione non traumatica dei lavoratori medesimi. Per gli eventuali esuberi strutturali residui devono essere dettagliatamente precisate le modalità di gestione.

Il programma di formazione deve essere certificato, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di espansione in sede ministeriale, da organismi terzi (pubblici o privati) rispetto all’impresa, come ad esempio enti accreditati alla formazione.

Uscita anticipata dal rapporto di lavoro e accompagnamento alla pensione

In sede governativa le imprese possono raggiungere anche un accordo di mobilità non oppositiva che consentirà al datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro ed accompagnare i lavoratori alla pensione.

Possono accedere all’uscita anticipata quei lavoratori che:

  1. si trovino a non più di cinque anni dalla prima decorrenza utile (quindi compresa la finestra per l’aspettativa di vita) all’accesso alla pensione di vecchiaia e che abbiano maturato il requisito minimo contributivo.
  2. Si trovino a non più di cinque anni dalla prima decorrenza utile all’accesso alla pensione anticipata (di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214).

Si ricorda che, in via generale, possono conseguire la pensione di vecchiaia i soggetti iscritti all’AGO, in possesso di almeno 15 anni di anzianità contributiva al 31/12/1992, diversamente occorrono almeno 20 anni di anzianità contributiva. Per tutti nel 2021 il requisito anagrafico è di 67 anni.

Possono richiedere la pensione anticipata i soggetti in possesso del requisito contributivo di 41 anni e 10 mesi (pari a

2.175 settimane) se donne, 42 anni e 10 mesi (pari a 2.227 settimane) se uomini.

I soli lavoratori che hanno iniziato a versare la contribuzione dal 1° gennaio 1996, inoltre, possono chiedere la pensione anticipata al compimento del requisito anagrafico di 64 anni di età, da adeguare agli incrementi della speranza di vita, a condizione che risultino soddisfatti i seguenti ulteriori requisiti:

  • almeno 20 anni di contribuzione effettiva (con esclusione, pertanto, della contribuzione figurativa);
  • ammontare della prima rata di pensione non inferiore a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale (c.d. importo soglia annualmente rivalutato). Per il 2020 tale importo è di 1.287,52 euro (459,83 x 2,8).

I lavoratori che aderiscono devono aver espressamente prestato il loro consenso all’uscita anticipata attraverso la sottoscrizione di apposito accordo.

Il datore di lavoro accompagna il lavoratore alla pensione tramite il riconoscimento di un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’Inps e diminuito dell’importo della Naspi teoricamente spettante al lavoratore. Se il lavoratore è accompagnato alla pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto ridotti di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa sulla Naspi teoricamente spettante.

Per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, che si impegnino ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso all’uscita, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, pari all’importo della Naspi spettante e della relativa contribuzione figurativa in caso di pensione anticipata, opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione Naspi.

In caso di aziende che rientrano nel campo di applicazione dell’art. 26 del d.lgs. 148/2015 (Fondi di Solidarietà Bilaterali) l’accompagnamento alla pensione può essere riconosciuto per il tramite degli stessi.

Tetto di spesa

Ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accordo – e prima della conclusione dello stesso – l’impresa è tenuta a quantificare l’onere finanziario sia in caso di “accompagnamento alla pensione” (costo della Naspi) che in caso di riduzione di orario (costo dell’integrazione salariale) ai fini della verifica da parte del Ministero della sussistenza della copertura finanziaria dell’intervento. La normativa infatti prevede un tetto di spesa che, in caso di incapienza, anche prospettica, non consente al Ministero di procedere alla sottoscrizione dell’accordo governativo.

Deposito accordi

Gli accordi stipulati coi lavoratori pre pensionabili e l’elenco dei lavoratori che accettano l’indennità, ai fini della loro efficacia, devono essere depositati secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 25 marzo 2016, cioè entro 30 giorni dalla sottoscrizione.

Criticità

– In mancanza di circolari esplicative in merito alle modalità di erogazione dell’indennità mensile al lavoratore, ad oggi non è dato sapere come dovranno avvenire i versamenti datoriali e se è dovuta una fideiussione in caso di erogazione mensile.

– La normativa qui esposta è quella introdotta dalla legge di bilancio 2021 e cioè il comma 5bis dell’art.41 del d.lgs. n.148/2015, il quale prevede, al comma 5, lo “scivolo” riservato esclusivamente alle imprese con organico superiore a 1.000 unità lavorative; solo per questi lavoratori la norma prevede una sorta di clausola di salvaguardia, disponendo che le leggi e gli altri atti aventi forza di legge non possono, in ogni caso, modificare i requisiti per conseguire il diritto al trattamento pensionistico vigenti al momento dell’adesione alle procedure di accompagnamento alla pensione. Si ritiene che sia una svista del legislatore e che debba essere corretta per avere la certezza, da parte del datore di lavoro, dei costi dell’intera procedura.

  • La norma era nata per le grandi imprese industriali che possono fare ricorso alla CIGS, quindi l’impossibilità, presso la stessa unità produttiva dove si stipula un contratto di espansione, di accedere ad altri ammortizzatori sociali veniva stemperata dalla possibilità di ridurre l’orario a seguito, come detto sopra, di progetti di formazione per riqualificare i Ora la possibilità di ridurre l’orario è rimasta solo per le aziende con un organico non inferiore alle 500 unità lavorative, mentre quelle con un organico non inferiore a 250 unità lavorative possono accedere solo allo scivolo, senza poter al contempo, nella stessa unità produttiva, attivare un ammortizzatore sociale. È un aspetto che andrà chiarito considerando che il comma 10 dispone, diversamente dalle circolari ministeriali, che il contratto di espansione è compatibile con l’utilizzo di altri strumenti previsti dal d.lgs. 148/2015.
  • Il contratto di Espansione è stato reso accessibile, come abbiamo visto, anche alle aziende con un organico non inferiore alle 250 unità lavorative, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di Occorrerà chiarire quali aggregazioni vengono considerate valide, ad esempio: Gruppi d’Imprese ex art. 2359 C.C.,

Consorzi, A.T.I., Gruppi di acquisto, Contratti di Rete.

Il Contratto di Espansione è sicuramente complesso e fino ad ora poco usato; ma, considerando che la soglia di accesso è stata diminuita, in futuro dovrebbe suscitare notevole interesse, specialmente nelle aziende che vogliono incentivare un ricambio generazionale.

*Odcec Rimini – Direttore Scientifico Gruppo Odcec Area lavoro

 

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