Commercialisti e liberalizzazioni

di Domenico Calvelli*

Ciclicamente appare nel nostro Paese la questione delle cosiddette “liberalizzazioni”, processi che, normalmente per via legislativa, dovrebbero ridurre restrizioni esistenti, in precedenza, in un determinato mercato. Lo scopo dichiarato è quello di favorire la platea dei consumatori e di creare le condizioni per l’apertura di nuove attività, d’impresa o professionali che siano.Un accesso più semplice verso il mercato -si sostiene- tende a ridurre i costi di beni e di servizi a tutto vantaggio del mercato medesimo.Fin qui, c’è poco da obiettare. Ma se ci si cala nella realtà delle libere professioni, e specificamente in quella dei commercialisti, è doveroso effettuare alcune puntualizzazioni.

La categoria professionale dei commercialisti è, probabilmente, la più “liberalizzata” di tutte, e questo non solo in forza di provvedimenti legislativi ma anche grazie ad orientamenti interni che da moltissimo tempo l’hanno resa “diversa”.L’assenza di un qualsivoglia numero chiuso per l’accesso all’albo professionale, l’assenza di tariffe minime, il dimezzamento del periodo di tirocinio da tre anni ad un anno e mezzo, la possibilità di effettuare pubblicità informativa, l’obbligo di assicurazione professionale, l’obbligo di formazione professionale continua sono elementi che rendono la professione di commercialista ancor più genuinamente liberale e liberalizzata. E questo perché la cultura che pervade la categoria è quella del mercato, del confronto libero e corretto, dello spirito di piena collabora- zione con istituzioni, imprese e cittadini. Sicuramente non ci troviamo di fronte ad una categoria “protetta” ma, al contrario, ad una classe di professionisti che ormai svolge ampie attività ausiliarie rispetto a quelle della Pubblica Amministrazione, in particolar modo nelle materie fiscali e giuridiche. E tutto questo a tutela della pubblica fede e del mercato. Lo stesso esame di Stato (che non conosce numeri chiusi, ribadisco) prescritto per l’esercizio della professione è sancito a livello costituzionale (art. 33 della Costituzione) affinché’, a coronamento di un complesso iter formativo (probabilmente un unicum in Europa), il commercialista possa operare sul mercato con la dovuta preparazione e con piena consapevolezza professionale, nell’interesse del mercato e dei propri clienti. Per questo la professione di commercialista è una professione matura e moderna, utile per propria natura alle istituzioni ed alla propria clientela, che è fatta di cittadini, di enti, di imprese che debbono destreggiarsi nel complesso panorama economico e giuridico che contraddistingue il nostro Paese.

* Presidente ODCEC di Biella

 

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