Disparità di trattamento in caso di maternità

di Roldano Cesca* 

Ci sono eventi della vita che dovrebbero essere “uguali per tutti”, la nascita è uno di questi, ma per il nostro sistema previdenziale non lo è la maternità. Al riguardo è sufficiente ricordare che per molti anni le lavoratrici autonome solo state sostanzialmente prive di tutela o hanno potuto usufruire di prestazioni previdenziali inferiori a quelle delle lavoratrici dipendenti.

Dall’esperienza in materia di tassazione dei redditi (Irpef) è emersa una disparità di trattamento tra lavoratrici autonome e dipendenti, meno evidente di quelle dell’astensione obbligatoria o dell’entità delle prestazioni (es. indennità economica). Infatti, come le lavoratrici dipendenti, le lavoratrici autonome iscritte alle gestioni artigiani e commercianti ovvero alla gestione separata dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) in caso di maternità hanno diritto ad un’apposita indennità. Senza entrare nel merito della modalità di calcolo dell’indennità, è appena il caso ricordare che:

  • nel caso di lavoratrice dipendente (non agricola) l’indennità è anticipata dal datore di lavoro e da questi recuperata, mediante il sistema uniemens, all’atto del pagamento dei contributi dovuti sulle retribuzioni del mese di tutto il personale in forza;
  • nel caso della lavoratrice autonoma l’indennità è erogata alla stessa direttamente dall’Inps, il quale rilascia la Certificazione Unica (CU), nei tempi e modi stabiliti dalla legge;

per entrambe le categorie l’indennità percepita sostituisce il reddito che la lavoratrice avrebbe conseguito qualora avesse lavorato, pertanto ai fini fiscali: “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi… costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti” (art. 6 Tuir).

In base alla normativa previdenziale, per le lavoratrici subordinate è assodato che l’indennità di maternità ricevuta gode della totale esenzione contributiva (d.lgs. n. 314/1997), ossia non è dovuto alcun contributo previdenziale e assistenziale sulla stessa indennità e i periodi di astensione sono coperti da contributi figurativi (accreditati dall’Inps).

Per le lavoratrici autonome la cosa si complica un po’. Innanzitutto la normativa vigente e le circolari dell’Inps in materia (cfr. decreto del Ministro del lavoro 12 luglio 2007, circolari Inps n. 64/2010 e n. 46/2006) stabiliscono che per i periodi di astensione dal lavoro per i quali è corrisposta l’indennità di maternità sono accreditati i contributi figurativi ed è sospeso l’obbligo di versare i contributi previdenziali alla gestione di appartenenza, “stante la non compatibilità della duplice copertura assicurativa (obbligatoria e figurativa) per lo stesso evento” (cfr. Circolare Inps 46/2006).

Il problema tuttavia sorge in sede di dichiarazione dei redditi, quando la lavoratrice autonoma deve dichiarare l’indennità ricevuta dall’Inps sommandola al reddito d’impresa e/o professionale prodotto nel periodo d’imposta, che – di fatto – costituisce l’imponibile non solo fiscale ma anche previdenziale. Non essendo prevista un’esclusione ad hoc nel modello di dichiarazione dei redditi (modello Unico), la procedura di controllo automatizzato dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi art. 36 bis d.p.r. 600/1973), “impone” l’assoggettamento a contribuzione dell’indennità erogata dall’Inps. In realtà, l’imponibile previdenziale non dovrebbe comprendere le somme ricevute dalla lavoratrice autonoma a titolo di indennità di maternità. Il fatto che l’Inps eroghi l’indennità e poi ne richieda in dietro una parte appare addirittura una contraddizione!

Si ritiene che indicare l’imponibile previdenziale al netto delle indennità per congedo di maternità sia la soluzione più coerente con i principi generali della previdenza obbligatoria. In base all’esperienza personale, si fa presente che indicando nel quadro RR della dichiarazione dei redditi l’imponibile previdenziale del periodo d’imposta al netto dell’indennità di maternità, la procedura di controllo automatico dell’Agenzia delle entrate rettifica in aumento l’imponibile stesso, sommandoci l’indennità di maternità e sostituendo l’importo dichiarato con quello indicato nel quadro RG, RE o RH della medesima dichiarazione. All’addebito dei maggiori contributi previdenziali, la lavoratrice autonoma può chiedere l’annullamento della stessa tramite la procedura CIVIS (a volte funziona) altrimenti recarsi presso gli uffici fiscali e risolvere la questione in loco.

Appare quantomeno singolare che in tempi di riduzione delle nascite e gestione automatizzata delle dichiarazioni dei redditi, non sia stata ancora prevista un’apposita gestione dell’indennità di maternità percepita delle lavoratrici autonome, imponendo loro l’adozione di soluzioni macchinose e che, a volte, non danno il risultato atteso.

* Odcec Macerata e Camerino

 

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