I controlli sull’attività lavorativa dopo il Jobs Act

di Rodolfo Rosso* 

Premessa: la legge delega e le modifiche introdotte all’art. 4 legge 300/70 

Come noto, l’art. 23 del D.lgs. 14 settembre 2015 n. 151 (“Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”), in vigore dal 24 settembre, sostituisce integralmente l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che ora risulta così formulato:

“Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo – 

  1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
  3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto di- sposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, 196”.

Il Jobs Act interviene pertanto su una disposizione che non era stata mai variata(1), ma su cui la giurisprudenza era più volte intervenuta(2). Dal punto di vista formale le principali modifiche sono le seguenti:

  • La rubrica comprende ora, più correttamente, non solo gli impianti audiovisivi, ma anche gli “altri strumenti di controllo”(3)
  • Non è più previsto un divieto generalizzato di utilizzo degli strumenti di controllo dell’attività lavorativa, salvo alcune deroghe, ma in positivo è ammesso il controllo se sussistono alcune condizioni
  • Tra le condizioni che permettono i controlli a distanza, oltre alle esigenze organizzative e produttive e alla sicurezza del lavoro, viene aggiunta la tutela del patrimonio aziendale, che peraltro era già pacificamente ammessa dalla giurisprudenza (si ad esempio Cass. 6498/2011)
  • Restano ferme le modalità dell’introduzione degli strumenti e cioè l’accordo sindacale o, in mancanza, l’autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro(4)
  • Viene risolto il problema delle imprese multi-localizzate, permettendosi un unico accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative oppure l’autorizzazione del Ministero del Lavoro
  • L’accordo o l’autorizzazione previste dal comma 1 non sono richieste per gli “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” e per gli “strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”
  • Purché venga data al lavoratore una informazione adeguata sulle modalità d’uso degli strumenti e sulla effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Codice della Privacy le risultanze dei controlli possono essere utilizzate “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” (e quindi anche a fini disciplinari)(5).
  • Non è più prevista la impugnazione amministrativa al Ministero del Lavoro del diniego della DTL.

Per completezza si ricorda che il Ministero del Lavoro, a fronte di alcune polemiche sorte in relazione alla formulazione della norma, prima ancora della sua approvazione definitiva, ha ritenuto di intervenire con il comunicato stampa del 18 giugno 2015(6), chiarendo che “la norma non “liberalizza”, dunque, i controlli ma si limita a fare chiarezza circa il concetto di “strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy …” L’Autorità Garante invece, non senza qualche polemica, ha puntualizzato con un comunicato dell’8 settembre 20157 la propria posizione, manifestando perplessità sull’utilizzabilità dei dati raccolti mediante i controlli a distanza per “tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, lamentando che se tale formulazione fosse stata confermata nel testo definitivo del decreto (come in effetti avvenuto), si sarebbe trattato “di un’innovazione non irrilevante, soprattutto rispetto all’indirizzo giurisprudenziale che, ad esempio, ha escluso l’utilizzabilità dei dati ottenuti con controlli difensivi, per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratore”. Ciò dimostra che la materia è ancora piuttosto problematica e, a fronte di una formulazione normativa, forse necessariamente, non del tutto netta, probabilmente le interpretazioni non saranno univoche.

La giurisprudenza sull’art. 4 legge 300/70 e i controlli “difensivi” 

Fermo il divieto assoluto di installazione ed uso di apparecchiature esclusivamente destinate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (Cass. n. 8250/2000), la giurisprudenza ha peraltro da tempo ammesso i controlli cosiddetti “diretti”, anche se occulti, a mezzo di agenzie investigative, sul comportamento del lavoratore per accertare illeciti del lavoratore che incidono sul patrimonio aziendale, anche quando la lesione di questo sia solo eventuale o meramente ipotetica8, non riguardando le ipotesi di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e non trovando ostacoli nella formulazione degli artt. 2 e 3 dello stesso, mentre invece non sarebbero ammessi per il controllo della corretta prestazione lavorativa (v. Cass. 25674/2014; Cass. 25162/2014; Cass. 14197/2012; Cass. 13789/2011; Cass. 16196/2009; Cass. 18821/2008; Cass. 9266/2005; Cass. 9167/2003; Cass. 3039/2003; Cass. 14383/2000; Cass. 5629/2000; Cass. 6350/99; Cass. 10761/97; Cass. 205/90; Cass. 2933/85; Cass. 3190/73, per tutte)(9).

L’ammissibilità dei controlli diretti è stata con- fermata anche per “dimostrare l’esistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza” (Cass. 6236/2001).

Peraltro i controlli non devono essere capziosi o subdoli, o finalizzati soltanto a indurre in errore il dipendente (Cass. 18821/2008; Cass. 307/79).

In base ai medesimi principi è stato ammesso il potere dell’imprenditore, ai sensi degli art. 2086 e 2104 c. c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può avvenire anche occulta- mente (Cass. 3039/2002; Cass. 829/92; Cass. 7776/96).

La giurisprudenza è apparsa un po’ più oscillante con riferimento invece ai controlli “a distanza”, cioè mediante apparecchiature o strumenti, si è posto il tema della legittimità dei c.d. “controlli difensivi” o “a scopo difensivo”, cioè quei tipi di controllo volti a rilevare qualsiasi condotta illecita dei lavoratori diretta a ledere il patrimonio o l’immagine aziendale. Sul punto si v. Cass. 4746/2002 (apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate); Cass. 10062/2002 (utilizzo del telefono “in misura smodata” per ragioni personali); Cass. Pen. 20722/2010 (utilizzabili nel processo penale i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di la- voro ad opera del datore di lavoro, anche se l’imputato è un dipendente; conf. Cass. Pen. 34842/2011; Cass. Pen. 890/2015); Cass. 2117/2011 (sull’utilizzabilità delle riprese effettuate da un terzo per dimostrare comportamenti illeciti dei lavoratori); Cass. 2722/2012 (controllo effettuato da un istituto banca- rio sulla posta elettronica aziendale); Cass. 20440/2015 (controllo dell’operato del dipendente al di fuori dei locali aziendali con uso di Gps); Cass. 3122/2015 (utilizzabile un DVD contenente un filmato che dimostra l’attività delittuosa del dipendente).

Talvolta nelle decisioni risulta anche difficoltoso discernere se il controllo riguardi comportamenti illeciti o la prestazione lavorativa. Ad esempio la recente Cass. 10955/2015 sulla creazione da parte del datore di lavoro di un falso profilo “facebook” attraverso il quale “chattare” con il lavoratore al fine di verificare l’uso da parte dello stesso del telefono cellulare durante l’orario di lavoro.

Ultimamente la S.C. ha anche dato risalto comunque al fatto che l’accertamento debba avvenire con “modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l’interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale” (Cass. 10955/2015, cit.).

Tra i giudici di merito, da ultimo, App. Roma, 23 maggio 2015 (in Lavoro nella Giur., 2015, 8-9, 855), sulla possibilità di verifiche dirette ad accertare comportamenti del prestatore illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale.

Tra le decisioni invece che hanno ritenuto necessaria la procedura preventiva ex art. 4 Statuto Lavoratori o comunque illegittimi certi sistemi di controllo a distanza: Cass. 15892/2007 (in un caso riguardante un congegno di sicurezza predisposto nel locale garage ove posteggiare le autovetture dei dipendenti durante l’orario di lavoro, attivabile mediante un tesserino personale con il quale venivano attivati anche gli ingressi); Cass., 4375/2010 (programma informatico “Super Scout” che consente il monitoraggio della posta elettronica e degli accessi Internet dei dipendenti); Cass. 16622/2012 (rilevamento delle telefona- te con il software Bluès 2002);

Resta comunque inteso che ai fini dell’applicabilità dell’art. 4 è sufficiente la mera possibilità di controllo dei lavoratori (Cass. 9211/97) e che le apparecchiature siano solo installate an- che se non ancora funzionanti (Cass. 9211/97; Cass. 1490/86).

La Cassazione ha altresì affermato che non è reato consultare la posta elettronica del dipendente previa informativa (Cass. Pen. 47096/2007) e che la divulgazione dei dati del dipendente non viola la privacy quando è con- temperata dall’esigenza di verificare il compi- mento di un illecito o di un inadempimento contrattuale dello stesso (Cass. 15327/2009).

Gli interventi del Garante della Privacy. 

Nell’ambito del D.lgs. 196/2003 i riferimenti espliciti al rapporto di lavoro non sono molti (Titolo VIII, articoli da 111 a 116, oltre ad alcune disposizioni in materia di consenso al trattamento dei dati, anche sensibili, ad esempio gli artt. art. 24, comma 1, lett. b) e 26 com- ma 4 lett, d).

In particolare l’art. 111 prevede la promozione di un Codice Deontologico, non ancora emanato10, mentre l’art. 114 si limita ad un sintetico rinvio all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori(11).

Il Garante per la protezione di dati personali è intervenuto varie volte sul tema del bilanciamento degli interessi nell’ambito del rapporto di lavoro.

In particolare nelle “Linee Guida relative al controllo delle e-mail e di internet nell’ambito del rapporto di lavoro” del 1° marzo 200712 ritiene che il bilanciamento in questione possa essere utilmente ottenuto proprio dall’accordo sindacale o dall’autorizzazione della Direzione del Lavoro, previste dall’art. 4. In via generale l’Autorità ha emanato Le linee Guida per il trattamento dei dati nel rapporto di lavoro in ambito privato (delib. 23 novembre 2006)(13) e pubblico (delib. 14 giugno 2007)(14).

Vari peraltro sono i provvedimenti o le deliberazioni dell’Autorità, che, anche solo incidentalmente, riguardano l’argomento in esame.

A puro titolo esemplificativo si ricordano i seguenti Provvedimenti: 2 aprile 2009 sul divieto di utilizzo del sistema di monitoraggio informatico chiamato “Squid”(15), 2 febbraio 2006 sulla proporzionalità dei controlli sui siti inter- net visitati dai dipendenti16, 4 ottobre 2011 sui sistemi di geo localizzazione dei veicoli nell’ambito del rapporto di lavoro17, 18 ottobre 2012 in materia di idonea informativa per l’utilizzo di pc aziendale e relativi controlli18, 5 febbraio 2015 in un caso di controlli piuttosto invasivi della navigazione internet(19), 4 giugno 2015 sul controllo dell’utilizzo di Skype(20).

L’Autorità, in sede di verifica preliminare ex art. 17 D.lgs. 196/2003 ha ammesso, con il rispetto di specifiche condizioni e adeguata informazione al lavoratore, sistemi di localizzazione di smartphone (Provvedimenti dell’11 settembre 2014(21) e del 9 ottobre(22) 2014). In tema di videosorveglianza il Garante ha adottato il Provvedimento generale dell’8 aprile 2010(23).

Il nuovo art. 4 legge 300/70 

Come detto, la riformulazione dell’art. 4 si inserisce in una variegato panorama giurisprudenziale e amministrativo e la prassi futura dimostrerà se verrà raggiunto l’effetto di “svecchiamento” ed adattamento che si è prefisso il legislatore.

Per ora si possono ipotizzare gli impatti che la disposizione avrà in ambito aziendale e proporre qualche prima considerazione.

Comma 1.

La formulazione del primo comma, diversa dalla versione precedente della norma (che escludeva categoricamente l’uso degli strumenti di controllo a distanza, salvo poi ammetterne alcune deroghe al comma successivo) non sembra in realtà aver mutato la normativa pregressa, consentendo il controllo “esclusivamente” per alcune tassative esigenze (organizzative e produttive e per la sicurezza del lavoro a cui si aggiunge, come detto, la tutela del patrimonio aziendale).

Non sembra vi possano essere dubbi che nel patrimonio aziendale possano essere ricompresi anche beni immateriali (ad esempio i dati), anche se qualche commentatore, argomentando dalla tassatività delle fattispecie, addirittura è portato ad non comprendere tra le deroghe “esclusive” ad esempio la tutela dell’immagine aziendale, spesso – come visto – ammessa dalla giurisprudenza.

Pertanto non sussiste alcuna sostanziale varia- zione in caso di installazione di apparecchiature o strumenti che, anche solo potenzialmente, possono comportare il controllo a distanza dell’attività lavorativa (ad esempio telecamere, conta battute, etc.) e cioè dei controlli definiti “preterintenzionali”.

Tali controlli sono ammissibili soltanto previ accordi sindacali oppure, in mancanza, con l’autorizzazione della DTL.

I soggetti della “codeterminazione” vengono individuati, più puntualmente, nelle RSU o nelle RSA. Anche su tale aspetto peraltro potranno valere le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali precedenti (ad esempio l’applicazione del principio maggioritario in caso di più RSA(24)).

Va ricordato che la giurisprudenza (v. Trib. Lucca 4 febbraio 2015, in Foro It. 2015, 4, 1, 1384) ha considerato antisindacale la stipula di un accordo collettivo ai sensi dell’art. 4 soltanto con una RSA minoritaria.

Per le imprese multi-localizzate “in alternativa” (e quindi a scelta del datore di lavoro) viene previsto l’accordo con le “associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” per la cui individuazione occorrerà riferirsi alle non sempre facilmente individuabili regole della rappresentatività a seguito delle varie vicende riguardanti l’art. 19 dello Statuto del Lavoratori(25), oppure, in mancanza, con l’autorizzazione del Ministero del lavoro. Sulle modalità per la richiesta dell’autorizzazione mantengono validità le indicazioni, anche nell’ottica di semplificazione, già fornite dallo stesso Ministero con la nota n. 7162/2012.

La nuova formulazione lascia ferma la possibile operatività nel campo in questione dell’art. 8 del D.L. 134/2011 sulla contrattazione “di prossimità”, a cui si è già fatto cenno. Peraltro come è stato giustamente notato(26), tale sistema non pare aggiungere particolari possibilità a quanto già definibile con gli strumenti messi a disposizione dell’art. 4 della legge 300/70. Va anche esaminato se mantenga ancora validità quella tesi, che ha avuto l’avallo della Corte di Cassazione (Sez. terza penale 22611/2012), secondo la quale non integra il reato previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori l’installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, la cui attivazione, anche in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti.

Non sembra che vi siano elementi per negare la validità di tale accordo con le maestranze, anche se lo stesso avrebbe comunque una efficacia limitata alla rilevanza penale del comportamento e non potrebbe ad esempio surrogare la mancanza di accordo sindacale o di autorizzazione della DTL ai fini della validità della prova.

Comma 2.

Può considerarsi la vera novità della disposizione in commento.

Non è necessario alcun accordo o procedimento autorizzativo per quegli strumenti necessari “per rendere la prestazione lavorativa” e per quelli “di registrazione degli accessi e delle presenze”.

Mentre questi ultimi sono di più agevole individuazione (i badge ad esempio, superandosi quindi espressamente quella giurisprudenza che aveva invece ritenuto che tale controllo ricadesse nella disciplina dell’art. 4: Cass. 15892/2007, cit.) qualche incertezza sussiste per definire i primi.

Devono ritenersi comprese quelle attrezzature che servono al lavoratore per rendere la prestazione.

Peraltro la formulazione è piuttosto generica. Il Ministero del Lavoro, nella già ricordata nota dello scorso 18 luglio, elenca smartphone, PC e tablet, ma non fa alcun cenno ad altri strumenti o tecnologie diverse (ad esempio controlli laser, GPS, programmi per elaboratori, il telefono fisso), che ugualmente possono essere utilizzati nella prestazione lavorativa.

Mentre cioè risulta indubbio che l’uso di un tablet per la trasmissione di ordini, anche se può comportare un controllo della movimentazione del lavoratore, non sarà soggetto ad alcun accordo o autorizzazione preventiva, molti altri casi dovranno essere sottoposti al vaglio della giurisprudenza, con buona pace di chi voleva fare definitiva chiarezza sulla materia.

Una linea ermeneutica potrebbe essere quella di considerare compresi nel 2° comma quegli strumenti che sono utili o necessari allo svolgimento della prestazione.

In tal caso la tutela per il lavoratore resta individuale ed è garantita dal 3° comma (tutela della privacy e idonea informazione).

Sembrano compresi nella deroga anche i sistemi di geolocalizzazione (almeno se non raccolgono dati particolari sugli spostamenti e sull’attività lavorativa), i cronotachigrafi e i telefoni.

Il riferimento agli “strumenti” crea qualche problema per i programmi informatici, l’uso della posta elettronica e di internet, ma una interpretazione logica e sistematica dovrebbe poter condurre anche tali sistemi al 2° comma, ritenendo che si tratti pur sempre di apparecchiature che servono a porre in essere la prestazione(27).

Sicuramente esclusi invece, come nel passato, quei programmi che in modo invasivo scannerizzano l’attività del lavoratore ad esempio attraverso verifiche dei logs o dei siti visitati. Pone maggiori dubbi un sistema di verifica e monitoraggio delle telefonate (ad esempio CMR o controlli nei call center) su cui si potrebbe discutere della (sola) funzione strumentale alla prestazione lavorativa.

Il nuovo comma 2 pone anche l’interrogativo sui c.d. “controlli difensivi”, che – già in passato – erano dalla prevalente giurisprudenza ammessi, come si è visto.

Si potrebbe sostenere che ora i tali controlli siano stati ricondotti alle tipologie del comma 2, cioè sarebbero consentiti soltanto sugli strumenti necessari alla prestazione lavorativa, ma questa parrebbe una interpretazione troppo riduttiva.

In realtà i controlli difensivi, posti in essere per evitare abusi e per la tutela del patrimonio aziendale, manterranno la loro validità e, come in passato, saranno esclusi dall’art. 4 (basti pensare ad un programma informatico che intercetti navigazioni pedopornografiche, ad esempio).

Probabilmente per una serie di strumenti non sarà più necessario porsi il problema della tipologia dei controlli.

Peraltro la verifica sulla ammissibilità del controllo anche senza accordo o autorizzazione sarà ancora rimessa, molte volte, alla valutazione del giudice.

Comma 3.

Il terzo comma dell’art. 4 riconosce la possibilità di utilizzo dei dati, acquisiti attraverso i controlli a distanza (autorizzati o meno ai sensi dei commi precedenti) anche ai fini disciplinari (“connessi al rapporto di lavoro”).

In questo caso però, condizione della applicabilità della norma sarà una adeguata informativa e il rispetto delle disposizioni in materia della tutela della privacy.

La disposizione sembra voler fare riferimento ai regolamenti sull’uso degli strumenti informatici, della posta elettronica e di internet, spesso presenti nei sistemi di policy aziendale, considerati anche dal Garante nelle Linee Guida del marzo 2007.

Anche su questo aspetto la giurisprudenza dovrà fare futura chiarezza, specialmente per dirimere le eventuali sovrapposizioni tra tutela della riservatezza e concessioni dell’art. 4.

Particolarmente rilevante sarà la valutazione sulla “adeguatezza” delle informazioni richiesta dalla disposizione.

Da verificare anche l’incidenza che potranno avere le regolamentazioni in campo europeo (v. ad esempio la recente Raccomandazione CM/Rec(2015)5 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sul trattamento di dati personali nel contesto occupazionale adottata il 1° aprile 2015(28)).

Un’ultima riflessione riguarda la validità degli accordi sindacali ai sensi del precedente art. 4, che possono risultare incompatibili con le nuove disposizioni.

Ad esempio il tema si porrà sovente per quelle clausole che escludono l’utilizzabilità dei dati rilevati dai sistemi di controllo per fini disciplinari relativi all’attività lavorativa.

Potrà sostenersi (anche per le eventuali autorizzazioni della DTL), che per tali clausole si verifica una nullità sopravvenuta, essendo in contrasto con una norma di legge.

Peraltro, per gli accordi, potrà essere utilizzato anche il sistema della disdetta, al fine di rinegoziare, alla luce delle modifiche, diverse condizioni.

Sanzioni 

Il 2° comma dell’art. 23 modifica anche l’art. 171 del Dlgs 196/2003 (Codice della Privacy) con riferimento alle sanzioni, che ora recita: “La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge n. 300 del 1970”. Il richiamo all’art. 38 comporta l’ammenda da 154 e 1.549 euro o l’arresto da 15 giorni ad un anno.

Le sanzioni possono essere applicate, nei casi più gravi, congiuntamente e, se il giudice ritenga inefficace l’ammenda a causa delle con- dizioni economiche del trasgressore, la può aumentare fino ad un massimo di 5 volte.

E’ prevista la prescrizione obbligatoria e, in caso di adempimento, l’organo di vigilanza ammette il datore di lavoro al pagamento, in sede amministrativa, entro 30 giorni, di una somma pari ad 1/4 del massimo dell’ammenda.

Il pagamento nei termini estingue il reato.

La norma ora contiene un più preciso riferimento all’art. 4 e va sottolineato che punisce le violazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 4, mentre risulta escluso il comma 3 (adeguata in- formazione e rispetto della privacy).

  1. La legge 183/2014 prevedeva la delega al Governo per la “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e con- temperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore”.
  2. In realtà già l’art. 8 del L. 138/2011 conv. nella legge 148/2011 consentiva alla c.d. “ contrattazione di prossimità” di derogare alle disposizioni di legge e di CCNL anche con riferimento “agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie”, ma più che altro la disposizione era finalizzata a introdurre adattamenti tecnici per adeguare la realtà ad una norma ormai non più del tutto adattabile dalla tecnologia (v. anche più avanti nel testo).
  3. E’ comunque principio consolidato che “Le partizioni sistematiche di una legge, in particolare titoli, capi e rubriche, non fanno parte né integrano il testo legislativo e quindi non vincolano l’interprete, in quanto la disciplina normativa sulla formazione delle leggi prevede che solo i singoli articoli si- ano oggetto di esame e di approvazione da parte degli organi legislativi” (così da ultimo Cass. Pen. 16372/2015).
  4. Il Ministero del Lavoro aveva già fornito alcune indicazioni operative in un’ottica semplificative con la nota 16 aprile 2012 n. 7162
  5. In sede di accordo sindacale o di autorizzazione della DTL era invece frequente l’inserimento di una clausola che specificava che le risultanze dei con- trolli non avrebbero potuto essere utilizzate dal datore di lavoro a fini disciplinari con riferimento alla attività lavorativa.
  6. http://www.lavoro.gov.it/AreaComunicazione/ comunicati/Pages/20150618-Controlli-a-distanza. aspx
  7. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/4235378
  8.  “…restando giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione degli illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che degli illeciti siano in esecuzione” (Cass. 13789/2011, cit. nel testo).I casi esaminati riguardano prevalentemente la commissione di illeciti durante la prestazione lavorativa, quali sottrazione di somme da parte di commessi, camerieri, cassieri, casellanti autostradali, ammanchi di cassa o scorretti comportamenti in materia di emissione di scontrini fiscali, oppure la verifica dell’effettività delle trasferte.
  9.  L’attività investigativa dovrà rispettare il c.d. “Co- dice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria” (Provv. Garante 6 novembre 2008 n. 60; allegato A.6 al Codice della Privacy di cui al Dlgs. 196/2003: http://www.garanteprivacy. it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/ docweb/1565171), che prevede l’incarico scritto e alcune tutele nella conservazione dei dati raccolti.
  10. “ Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sotto- scrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato per finalità previdenziali o per la gestione del rapporto di lavoro, prevedendo anche specifiche modalità per l’informativa all’interessato e per l’eventuale prestazione del consenso relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione di cui all’articolo 113, comma 3 e alla ricezione di curricula contenenti dati personali anche sensibili”.
  11.  Art. 114. Controllo a distanza. 1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
  12. http://www.garanteprivacy.it/garante/doc. jsp?ID=1387522 [doc. web n. 1387522]
  13. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1364099
  14. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1417809
  15. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1606053
  16. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1229854
  17. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1850581
  18. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/2149222
  19. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/3813428
  20. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/4211000
  21. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/3474069
  22. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/3505371
  23. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/1712680
  24. Min. Lavoro nota 5 dicembre 2005 n. 2975
  25. Accordo interconfederale 1° gennaio 2014; Min. Lavoro nota 24 marzo 2015 n. 32; Min. Lavo- ro nota 1° giugno 2012 n. 37; TAR Lazio Sezione Terza Bis 7 agosto 2014, n. 8865. V. anche Corte Cost. 230/2013 e 51/2015.
  26. Bellavista, Gli accordi sindacali in materia di controlli a distanza sui lavoratori, in Lavoro nella Giur., 2014, 8-9, 737, pag. 742
  27. In questo senso A. Stanchi, Nel jobs act il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, in Guida al Lavoro n. 38/2015, 39
  28. http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/ docweb/-/docweb-display/docweb/422426.

*Ordine degli Avvocati di Biella

 

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