I liberi professionisti nel “mirino” dell’Inps

di Anna Del Vecchio* 

Il rapporto tra i liberi professionisti e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) è da alcuni anni un “mare in burrasca”, sarà per questo, probabilmente, che all’’Inps hanno chiamato Operazione Poseidone un’iniziativa che all’apparenza sembrerebbe di utilità sociale, ossia di recupero di contributi obbligatori evasi. Purtroppo le cose stanno diversamente e lo sanno non solo i presunti evasori ma anche i professionisti che li assistono, i quali, nella migliore delle ipotesi fanno la figura degli ignoranti! Nonostante le numerose sentenze, infatti, l’Inps continua ad inviare lettere raccomandate ai liberi professionisti che oltre a svolgere attività di lavoro dipendente esercita- no anche una libera professione per la quale la legge prevede l’obbligo di iscrizione in apposi- ti albi (es. avvocato, commercialista, ingegnere, architetto, ecc.) e di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali ad un fondo o ad una cassa di categoria. Il tenore delle lettere si sintetizza nella comunicazione da parte dell’Istituto nell’aver calcolato d’ufficio l’importo dei contributi dovuti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335 “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare” non essendo, il reddito derivante dall’esercizio abituale di arti e professioni, stato assoggettato a contribuzione obbligatoria in favore di altri Enti o Casse professionali.

Per assicurare una tutela previdenziale a tutti i soggetti che esercitano in via abituale ma non esclusiva attività di lavoro autonomo, privi di copertura previdenziale, la legge 335/1995 ha istituito la Gestione separata presso l’Inps a cui versare i contributi previdenziali, calcolati sul reddito derivante dall’attività professionale esercitata nell’anno d’imposta, nella misura del 12%, attualmente 27,72% e 10%, attualmente 24,00% qualora il professionista sia assoggettato ad altra forma previdenziale. I versamenti vanno effettuati entro le scadenze fissate per il pagamento delle imposte da dichiarazione sia per quanto attiene al saldo che agli acconti, con codici tributo appositamente istituiti: CXX, ora PXX e C10, ora P10 per gli assoggettati ad altra forma previdenziale.

Per quanto il testo di legge non individui quali soggetti siano obbligati ad iscriversi alla Gestione separata Inps, è certo che tale Gestione debba essere intesa come un fondo pensioni- stico residuale, destinato a tutelare i soggetti privi di un fondo o di una cassa di previdenza di categoria ed i soggetti non iscritti in albi professionali ovvero con redditi derivanti da attività estranee alla professione per la quale ricorre l’obbligo di iscrizione in un ordine o collegio. Il d.lgs. 103/1996, emanato in attuazione della delega conferita dall’art. 2 comma 25 della legge 335/1995, anziché dettare una norma di collegamento tra le due discipline istitutive di casse di previdenza (una privata, l’altra pubblica) ha (cfr. art. 1, comma 2), in modo distorto rispetto alla ratio della stessa legge delega, ampliato la sfera dei soggetti destinati all’assoggettamento all’obbligo contributivo alla Gestione separata Inps, comprendendo anche “coloro che esercitano contemporaneamente attività di lavoro dipendente”. La mancanza di una qualsiasi norma di raccordo tra le disposizioni istitutive delle due casse comincia quindi nel 1996 e, da allora, ha generato grande confusione e disomogeneità di comportamenti, dovuti proprio a interpretazioni diverse ad ogni livello.

Con l’entrata in vigore della legge 111/2011 di conversione del decreto legge 98/2011, il Legislatore ha dettato una norma di interpretazione autentica che ribalta la situazione posta in essere dall’Inps, chiudendo così la strada a qualsivoglia altra interpretazione e azione impositiva in materia: “l’articolo 2 comma 26 del- la legge 8 agosto 1995 n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata Inps sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al c. 11 in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11…”. In forza di tale interpretazione sono tenuti all’iscrizione presso la Gestione separata tutti i soggetti la cui attività professionale non richieda l’iscrizione ad appositi albi a norma di legge, come invece è previsto per gli avvocati, i commercialisti, gli ingegneri, gli architetti, ecc., ovvero coloro che, pur essendo iscritti ad un albo, svolgono una attività non correlata all’obbligo di iscrizione al medesimo albo, in quanto estranea a quelle previste dal relativo ordinamento professionale come, per esempio, nel caso in cui un libero professioni- sta abilitato svolga presso una società privata o un ente pubblico un’attività non contemplata tra quelle regolamentate dall’ordinamento professionale. Invero l’Inps, prima dell’avvio della c.d. Operazione Poseidone – quindi dal 1996 (entrata in vigore della legge 335/95) al 2012 – non aveva mai avanzato alcuna prete- sa di contribuzione sui redditi derivanti dalla libera professione degli iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria, interpretando correttamente la normativa sulla non obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione separata per i professionisti/lavoratori dipendenti pubblici con una propria cassa professionale e titolari di una apposita posizione previdenziale pubblica. Sulla stessa linea interpretativa anche gli Ordini che, nell’assolvere all’obbligo previsto dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. 103/96, hanno sempre individuato, non a caso, come forma gestoria cui trasmettere l’elenco dei nominativi degli iscritti, la cassa di categoria e non l’Inps. Nonostante l’emanazione del succitato art. 18, comma 12, del decreto legge 98/2011 convertito in legge 111/2011, l’Inps, ignorando la relativa ratio sintetizzabile nell’assioma “ad ogni attività una cassa”, tesa a garantire a tutti i lavoratori autonomi una copertura previdenziale, con un’interpretazione “di parte” a difesa della c.d. Operazione Poseidone, giocando sul significato letterale delle parole, fa rientrare nel novero dei soggetti tenuti all’iscrizione alla gestione separata “tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibile ad appositi albi professionali non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso la cassa di appartenenza o abbiano esercitato eventuale facoltà di non versamento/iscrizione in base alle previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti”.

L’Inps fonda la sua pretesa contributiva su un’arbitraria distinzione tra contributo soggettivo e contributo integrativo che nella norma non è dato rinvenire, vanificando così l’intenzione del legislatore di intervenire per fare chiarezza e ridurre l’ampio numero di contenziosi in corso; né si preoccupa di rivedere la propria posizione alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione anche a Sezioni unite che ribadiscono il divieto di doppia imposizione contributiva in presenza di contributi da versare al Fondo della Gestione Separata Inps. In tal senso, cfr. Sent. Cass. Sez. Unite n. 3240/2010 e Trib. Aosta 23.02.2011 che motiva “i liberi professionisti iscritti ad albi sono assoggettati a tutela previdenziale a mezzo di forme autonome di previdenza obbligatoria, e, solo se non è possibile costituire tali forme autonome di previdenza obbligatoria, i soggetti interessati sono iscritti alla gestione separata. Le casse autonome hanno meccanismi di finanziamento idonei a garantire l’equilibrio gestionale, sicché è rimesso, in linea di principio, alla scelta della Cassa di determinare il quantum e lo stesso an, in casi particolari, della contribuzione. Se la cassa autonoma non ritiene di dover richiedere, non essendo ciò necessario ai fini dell’equilibrio gestionale, contributi ai propri iscritti……(…) non si vede come l’Inps possa intromettersi, iscrivendo il percettore di reddito alla gestione separata e richiedendo la contribuzione che la di lui cassa autonoma non richiede”; analogamente Trib. Nicosia 16.04.2013, Trib. Reggio Calabria 01.10.2013; Trib. Rieti 09.05.2013; Trib. Napoli 07.11.2013; Trib. Milano 09.02.2014, Trib. Genova 11.12.2014 e Trib. Roma 12.01.2015) che esplicita “E’ (sempre e soltanto) la legge a dover prevedere l’obbligo di “una unica iscrizione” senza distinguere tra categorie di contributi. Sebbene l’orientamento della giurisprudenza sia unanime nell’affermare che “i liberi professionisti iscritti ad albi sono assoggettati a tutela previdenziale a mezzo di forme autonome di previdenza obbligatoria, e solo se non è possibile costituire tali forme autonome di previdenza obbligatoria i soggetti interessati sono iscritti (o iscrivibili anche d’ufficio) alla gestione separata ex art. 2 comma 26 cit. “ l’Inps continua ad emanare proprie circolari interpretative (cfr. Circ. 99/2011, 709/2012 e, principalmente, 72/2015 dall’oggetto “Gestione separata Inps/Inarcassa – Iscrizione e obbligo contributivo. Chiarimenti”), i cui chiarimenti – sempre del medesimo tenore, ossia della obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps per tutti i liberi professionisti non assoggettati al pagamento del contributo soggettivo alla cassa di appartenenza – sono espressamente rivolti agli ingegneri e architetti. Una circolare, dunque, non una risposta ad una istanza di interpello; una circolare espressamente dedicata agli ingegneri e architetti che esercitano attività professionale oltre a quella di lavoratore dipendente.

Dal tenore della circolare 72/2015 verrebbe da domandarsi perché i destinatari di tale circolare dell’Inps siano non i liberi professionisti che svolgono contemporaneamente anche attività coperta da altra forma previdenziale, come nelle precedenti, ma una specifica categoria di professionisti: gli iscritti negli albi degli Ingegneri e degli Architetti la cui cassa di previdenza è l’ Inarcassa. La risposta la si riscontra (sic) nelle numerose sentenze che hanno visto soccombente l’Inps, le numerose sentenze emesse, a favore degli ingegneri/architetti ricorrenti, dai vari tribunali, sez. lavoro, che hanno annullato l’imposizione dell’Inps per quanto attiene alla richiesta dei versamenti contributivi con la conseguente cancellazione dalla Gestione separata. L’Inps continua, quindi, la propria azione persecutoria ai danni dei professionisti, e principalmente degli ingegneri e degli architetti, con l’emanazione di specifiche circolari, al fine di salvaguardare la c.d. Operazione Poseidone.

Fermo restando che il contributo integrativo è un contributo previdenziale a tutti gli effetti come stabilito dalla risoluzione del Ministero delle Finanze n. 109 dell’11 luglio 1996, versare contemporaneamente il contributo integrativo all’Inps e alla propria cassa equivale a pagare due volte il contributo di solidarietà (integrativo), dal momento che una quota delle suddette aliquote della Gestione separata Inps (27,72% e 24,00%) è formata dal contributo di solidarietà. E’ quasi superfluo ricordare che per il professionista, anche quando è contemporaneamente lavoratore dipendente, sussiste, l’obbligo del versamento del contributo integrativo alla cassa di previdenza della categoria cui appartiene (cfr. art. 6 dello statuto Cassa Forense, art. 9.2 dello statuto Cnpadc e art. 7 dello statuto Inarcassa), attualmente nella misura del 4% dei corrispettivi rientranti nel volume di affari, rilevante ai fini dell’Iva.

Di conseguenza, il versamento del contributo integrativo obbligatorio alla cassa di previdenza della propria categoria assieme all’annuale denuncia alla stessa del volume d’affari e del reddito professionale, esonera il professioni- sta iscritto in appositi albi a norma di legge dall’obbligo di versare alla Gestione separata il contributo soggettivo degli iscritti ad altre forme previdenziali.

Nelle lettere inviate dall’Inps vi è, inoltre, palese violazione non solo dell’art. 3 c. 4 della legge 241/1990 sull’obbligo “di indicare in ogni atto notificato al destinatario il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere”, ma anche violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 241/1990 e dell’art. 97 della Costituzione, con conseguente vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del principio del giusto procedimento.

La lettera è peraltro priva degli elementi essenziali di cui all’art. 8 della legge 241/1990, quale l’indicazione del responsabile del procedimento, soggetto diverso dal sottoscrittore, ossia dall’autore. Quest’ultima circostanza rende l’atto “nullo”, come espressamente previsto dall’art. 21-septies della legge 241/1990.

Non bisogna dimenticare che la tassatività dell’indicazione del responsabile del procedi- mento è posta a tutela dei valori costituzionali sintetizzabili in trasparenza dell’azione amministrativa, piena informazione del cittadino, e garanzia del diritto di difesa.

Va infine evidenziato che:

  • le sanzioni applicate dall’Inps e desumibili dal prospetto allegato alla richiesta di versamento contributivo sono di importo superiore al 60% del contributo che l’Istituto si ritiene evaso e, quindi, il calcolo è stato effettuato in violazione dell’art. 116, 8, lett. b della legge 338/2000 che stabilisce “… La sanzione civile non può essere superiore al 60% dell’importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge”;
  • buona parte delle lettere inviate dall’Inps sono illegittime anche per la decadenza dei termini prescrizionali in quanto, come disposto dall’art. 4 della legge n. 153/1969 e dall’art. 3, commi 9 e 10, della legge 335/1995, i con- tributi si prescrivono in cinque anni decorrenti dal giorno di scadenza del versamento, dal giorno, quindi, della scadenza naturale del versamento delle Imposte dirette (imposte sui redditi).

Al fine di delegittimare, invalidare e annulla- re l’iscrizione alla Gestione separata e relativa cessazione dell’imposizione contributiva e inflizioni di sanzioni civili aggiuntive in via di recupero retroattivo del preteso quantum debeatur è possibile procedere in via stragiudiziale, con istanze/diffide circostanziate all’Inps e, in caso di silenzio o rigetto dell’istanza con motivazioni più o meno ripetitive atte a cristallizzare rigidamente il disposto dell’art. 2, comma 26, della legge 335/1995, con ricorso giurisdizionale al giudice del lavoro del tribunale competente per territorio.

* Odcec Napoli

 

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