Le unioni civili nella normativa del lavoro

di Cinzia Brunazzo* 

Il Parlamento, a seguito di varie proposte, susseguitesi per più di un decennio e con l’obiettivo di regolamentare le coppie dello stesso sesso, ha approvato la legge n. 76 del 20 maggio 2016 (c.d. legge Cirinnà), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 118 del 21 maggio 2016 ed entrata in vigore il 5 giugno 2016.

La legge in commento, introdotta anche a seguito della condanna inflitta al nostro paese dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo per il vuoto normativo sulla materia, disciplina l’istituto giuridico dell’unione civile che comporta il riconoscimento alle coppie formate dallo stesso sesso della quasi totalità dei diritti previsti per il matrimonio. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme previgenti, conseguentemente non è possibile l’adozione all’interno dell’unione civile se non in via giudiziale. Inoltre la medesima legge garantisce un minimo di protezione giuridica alle situazioni di convivenza di fatto tra coppie di sesso diverso o omosessuali non legate però dal vincolo dell’unione civile.

Occorre innanzitutto esaminare i tratti essenziali dell’unione civile e della convivenza di fatto.

1) L’unione civile (artt. da 1 a 34 della legge):

costituisce il legame tra due persone dello stesso sesso unite civilmente mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni sulla base di un legame affettivo stabile con reciproca assistenza morale e materiale, e va registrata nell’archivio dello stato civile;

a) permette ai soggetti uniti civilmente di acquisire gli stessi diritti ed assumere gli stessi doveri: hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambi sono tenuti a contribuire ai bisogni comuni in base alle proprie possibilità e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo;

b) consente ad entrambi di concordare l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune, esattamente come avviene per le coppie sposate;

c) in assenza di indicazioni diverse, si applica la comunione dei beni;

d) i soggetti uniti civilmente hanno diritto agli alimenti ai sensi dell’art 433 del C.C. e possono costituire il Fondo Patrimoniale;

e) in caso di morte, le parti hanno diritto all’eredità in qualità di legittimari, alla pensione di reversibilità;

f) possibilità dei soggetti uniti civilmente di essere nominati tutore, curatore o amministratore di sostegno;

g) la separazione avviene davanti all’ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la volontà (anche disgiunta);

h) in caso di sentenza di rettifica di sesso in caso di unione civile questa viene sciolta, mentre in caso di matrimonio, se le parti manifestano la volontà di non sciogliere il matrimonio questo automaticamente si converte in unione civile.

2) La convivenza di fatto: (artt. da 36 a 65 della legge):

  • è il rapporto tra due persone eterosessuali o omosessuali non unite civilmente né in matrimonio, ma da uno stabile legame affettivo di coppia con vincolo giuridico di reciproca assistenza morale e materiale accertato con apposita dichiarazione anagrafica (articoli da 36 a 65 della legge);
  • i conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate come l’assistenza ospedaliera, l’accesso alle informazioni personali in caso di malattia, l’assistenza penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza (nel caso in cui uno dei due non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento);
  • se il proprietario della casa di comune residenza dovesse venire a mancare, il convivente ha il diritto a continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore ai due anni, e, comunque, non oltre i cinque anni;
  • se l’intestatario del contratto di affitto della casa di comune residenza dovesse morire o dovesse recedere, il convivente di fatto può subentrare nel contratto;
  • i conviventi possono disciplinare i propri rapporti patrimoniali con un “contratto di convivenza” e, quindi, indicare la residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, la comunione dei beni (voce che può comunque essere modificata in qualunque momento);
  • il convivente può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno in caso di interdizione o inabilità dell’altra parte;
  • oltre che in caso di morte o di matrimonio, la convivenza si risolve per accordo delle parti o per volontà unilaterale.

Veniamo quindi ad esaminare l’impatto che la nuova disciplina produce nello specifico nell’ambito del diritto del Lavoro:

 UNIONI CIVILI 

La nuova normativa, all’art. 1 comma 20, estende le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle contenenti le parole “coniuge” o “coniugi” o termini equivalenti ovunque ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, alle unioni civili. Per quanto riguarda le norme del codice civile in cui compaiono i predetti termini riferiti al matrimonio, sono estese alle unioni civili solo nei casi in cui la stessa Legge n. 76/2016 lo preveda espressamente.

Tra i riflessi più importanti possiamo evidenziare i seguenti:

a) alle unioni civili troverà applicazione la disciplina in materia di congedo matrimoniale, per cui viene concessa sia l’indennità a carico del datore di lavoro sia quella riconosciuta dall’Inps;

b)troverà, inoltre, applicazione la disciplina in materia di nullità del recesso datoriale comunicato nel periodo in cui vige la tutela, così come disciplinata dall’art. 35 del d.lgs. n. 198/2006, ossia entro l’anno dall’avvenuta celebrazione dell’unione civile;

c) il diritto di convalida delle dimissioni rese dal lavoratore da quando viene costituita un’unione civile fino ad un anno dopo, in analogia con il caso della contrazione del matrimonio;

d) in caso di morte del prestatore di lavoro le indennità previste dagli 2118 (indennità di preavviso) e 2120 (trattamento di fine rapporto) cod. civ. dovranno essere corrisposte anche alla parte dell’unione civile; inoltre la norma attribuisce al partner anche la quota “di legittima” che il codice civile riconosce al coniuge del de cuius;

e) la legge richiama espressamente l’art. 12-bis, legge n. 898/70, sul divorzio, che prevede il diritto del partner, nel caso in questione, titolare dell’assegno di mantenimento, a percepire il 40% del Tfr dell’altra parte, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, in proporzione a quanto maturato durante l’unione civile;

f) il diritto ai permessi della legge 104/1992 per assistenza al partner disabile e al congedo di 3 giorni per decesso o per grave infermità dell’altra parte;

g) viene concessa la possibilità di richiedere il congedo biennale ex legge n. 151/2001 (art. 42, 5-bis), previsto in situazioni di gravità accertata, per il coniuge convivente di soggetto con handicap;

h)nel part time viene conferita la facoltà di revocare il consenso alle clausole elastiche e concesso il diritto di prelazione al rapporto di lavoro part-time per assistere il partner affetto da patologie oncologiche.

In considerazione del versante previdenziale le novità più rilevanti sono:

  1. la coppia unita civilmente costituisce nucleo ai fini della spettanza del relativo assegno familiare;
  2. spetta la rendita Inail in caso di morte del lavoratore per infortunio sul lavoro, nonché la pensione indiretta o di reversibilità in caso di morte del lavoratore assicurato o del pensionato;
  3. si applica il regime previdenziale dei collaboratori familiari nelle imprese artigiane e commerciali;
  4. spettano al partner le tutele previste della legge n. 206/2004: “Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice”;
  5. possibilità di richiedere un importo non superiore al 75% del maturato sulla posizione individuale di previdenza complementare in caso di spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé e al partner per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche (art. 11 d.lgs. n. 252/2005);
  6. riconoscimento dell’accredito figurativo (25 giorni massimo all’anno entro il limite complessivo massimo di 24 mesi) per coloro che (facenti parte del sistema contributivo puro) siano stati assenti dal lavoro per assistere, tra l’altro, il partner unito civilmente, nel caso ricorrano le condizioni previste dall’art. 3 della legge n. 104/1992 (art. 1 comma 40 Legge n. 335/1995).

Mentre dal punto di vista fiscale:

  1. spettano le detrazioni familiari per il partner considerato a carico, in presenza delle condizioni di legge;
  2. in considerazione del fatto che in caso di scioglimento dell’unione civile si applicano le regole in materia di assegno di mantenimento previste dalla legge sul co. 2, lett. f, f-bis e f-ter TUIR) anche se riconosciuti per il partner di una coppia unita tramite unione civile.

CONVIVENZE DI FATTO

In ragione del fatto che le persone eterosessuali hanno la possibilità di contrarre matrimonio, e le persone dello stesso sesso possono stipulare una unione civile, vengono riconosciuti alla convivenza di fatto livelli di tutele e di obblighi minimi e differenti. In riferimento al diritto del lavoro l’unico riconoscimento si ha con l’introduzione dell’art. 230 ter del codice civile relativo all’impresa familiare costituita tra i due conviventi. La norma statuisce che al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato. Alla luce di ciò il convivente di fatto partecipa agli utili dell’impresa familiare (art. 230 ter c.c.), ma non rientra fra i familiari così come definiti nell’art. 230 bis, pertanto occorrerà chiarire se acquisisce lo status di Collaboratore familiare con conseguente iscrizione alla gestione artigiani e commercianti dell’INPS.

*ODCEC Rimini

 

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