Outplacement

di Alessandro La Rosa* 

L’outplacement (di seguito anche chiamato brevemente Otp) è una parola di origine anglosassone che, letteralmente, potrebbe essere tradotta in piazzamento-fuori, e che è utilizzata per definire le procedure ed i sistemi per “piazzare fuori dall’azienda” un lavoratore in esubero, favorendone il ricollocamento presso terzi.

L’outplacement si utilizza al di la della causa che ha determinato la necessità di ridurre l’organico (es. licenziamento individuale per giusta causa o giustificato motivo oggettivo e licenziamenti collettivi per chiusure o cessioni di rami d’azienda).

In questi ultimi anni hanno primeggiato le Cigs e le mobilità per cause oggettive (es. calo della produzione, trasferimento de- gli impianti etc.) ma anche semplici ristrutturazioni societarie, mergers and acquisitions (M&A), coinvolgendo poche unità di lavora- tori e portando ad un livello individuale la trattativa di uscita, cosa che accade spesso dopo una fusione, incorporazione o acquisizione aziendale, per la duplicazione di ruoli professionali all’interno dell’azienda. In questo caso l’azienda cerca una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dove l’ago della bilancia, dopo l’incentivo economico, è proprio l’Otp inserito nell’accordo di uscita da firmare in sede protetta, come, ad esempio presso la Direzione territoriale del lavoro (Dtl); il così detto accordo tombale. 

Ai lavoratori che perdono il lavoro a causa di una ristrutturazione aziendale (cfr. sopra), il datore di lavoro può offrire il supporto ad un nuovo ricollocamento con l’outplacement, strumento di forte responsabilità sociale per le persone coinvolte in questi riassetti organizzativi. Per questo motivo, l’imprenditore/datore di lavoro, come il “buon padre di famiglia” non può esimersi dal con- cedere ai suoi lavoratori l’ammortizzatore sociale dell’Otp e pensare che sia solo un “costo” rinunciabile o monetizzabile. Anche per questi motivi l’argomento Otp è molto più delicato e sensibile di quanto si pensi.

L’Otp potrebbe definirsi un ammortizzatore sociale “privato” concesso dall’azienda a sue spese, durante la trattativa di uscita del personale, sia essa individuale o collettiva.

All’interno di una trattativa sindacale dove vi siano esuberi da gestire, l’Otp attenua la conflittualità che si può creare sia tra datore di lavoro e lavoratore sia tra datore di lavoro e sindacati. Spesso elemento utile ed efficace che aiuta a trovare l’accordo sindacale che soddisfi tutti gli attori messi in gioco (datore di lavoro, lavoratori e organizzazioni sindacali dei lavoratori). Il tutto con una spesa di poco più di 4 mensilità per ogni dipendente (3 mensilità per l’INPS per raggiunto accordo + 1,5 mensilità circa per il supporto al ricollocamento con l’outplacement), nel caso di licenziamenti collettivi (procedura di mobilità), piuttosto che rischiare un mancato accordo sindacale con l’obbligo di versare all’INPS fino a 9 mensilità per ciascun dipendente, con l’aggravante di potenziali a- zioni future poco “concilianti”.

Per quanto riguarda le somme dovute all’INPS il riferimento è l’art. 5, quarto comma, della legge 23 luglio 1991 n. 223 (mobilità) ed alle norme connesse, in base alle quali il datore di lavoro deve versare, per ciascun lavoratore posto in mobilità, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore, somma ridotta a tre volte nel caso di accordo sindacale ed aumentata a nove volte nel caso in cui la mobilità non sia stata preceduta dal ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria.

A conti fatti, con la concessione dell’outplacement si possono avere solo vantaggi! Per il datore di lavoro, nella misura in cui adempie ai propri doveri di responsabilità sociale e riduce drasticamente la conflittualità interna (es. scioperi e vertenze); per i sindacati, sottoforma di una vittoria a favore dei propri iscritti ed ultimo, ma non meno importante, per il lavoratore interessato, che ne trae realmente un concreto supporto pratico, psicologico, motivazionale e formativo, utile a “traguardare” i suoi nuovi obiettivi professionali, accompagnato da un team di esperti consulenti in outplacement o consulenti di carriera.

Aderire al servizio di outplacement significa per il lavoratore affrontare un “percorso” faticoso, impervio e non privo di ostacoli, dove spesso la difficoltà che si incontra è quella di affrontare un cambiamento impor- tante, da occupato a disoccupato e sviluppa- re la capacità di gestirlo. La gestione del cambiamento non è una regola scritta, ma sempre più spesso negli ultimi anni, si é riscontrato che è un argomento da approfondire durante la carriera lavorativa. Per il lavoratore, imparare a gestire il cambiamento significa acquisire una maggiore e articolata comprensione del mercato del lavoro, dei nuovi profili professionali richiesti dalle aziende, dei nuovi assetti organizzativi che nascono dalle trasformazioni del mercato stesso. Cambiamento che può riguardare lo stile di vita, che non si deve intendere come sinonimo di ridimensionamento delle aspettative o prospettive economiche. D’altronde siamo in un paese che sta iniziando un forte cambiamento culturale, politico, economico, per uscire da una crisi decennale.

L’outplacement, come supporto al ricollocamento professionale, è, dunque, uno strumento utile per chi, avendo perso il lavoro, si affida a consulenti esperti, che san- no concretamente intervenire, impostando con la persona un efficace percorso di attività, azioni formative con test attitudinali o psicoattitudinali, aule di simulazione e roll-play. Un percorso che, normalmente, ha una durata di alcuni mesi (anche 12 o più) durante i quali le nozioni apprese dal candidato sedimentano e vengono utilizzate per cercare, affiancati dal proprio consulente, nuove opportunità professionali in un mercato del lavoro con molte opportunità di lavoro “non visibili ” alla maggioranza dei candidati. Grazie alla metodologia dell’Otp e al network della struttura a cui ci si affida, il lavoratore riesce ad arrivare alle opportunità di lavoro “non visibili”, il così detto “mercato nascosto” del lavoro (da non confondersi con il lavoro sommerso). Durante il percorso di Otp vengono svolte tra il consulente e il candidato una molteplicità di azioni e attività fondamentali, che permettono a quest’ultimo per comprendersi meglio, auto-valutarsi, quindi “tararsi” all’interno di un mercato del lavoro mutevole e in continua evoluzione, azioni volte al reperimento di nuove opportunità lavorative.

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione dei commercialisti per la gestione a tutto tondo delle risorse umane, dalle politiche motivazionali ai licenziamenti, dalla valutazione del potenziale individuale ai sistemi di ricollocazione degli esuberi, e loro stessi hanno affrontando un cambiamento, che ha riguardato sia le procedure di lavoro sia i servizi offerti ai clienti. Anche per questo, i Commercialisti potranno essere nei prossimi me- si, nei quali ci auguriamo di affrontare i problemi connessi alla ripresa economica del Paese, protagonisti del cambiamento anche nelle politiche di ricollocazione dei lavoratori, in un mercato si prevede più flessibile.

* Esperto in human resources (HR) in Milano, specializzato in outplacement

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