Conciliazione monocratica

di Stefano Ferri* 

L’articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124 ha introdotto nel nostro ordinamento giuslavoristico la conciliazione monocratica, strumento di grande utilità nel- la risoluzione delle controversie insorte tra lavoratore e datore di lavoro, ma che risulta, inspiegabilmente, ancora scarsamente utilizzato. Il dettato legislativo ha compiuto il decennio ed è di grande chiarezza; già da un’analisi esegetica dello stesso si possono cogliere gli aspetti applicativi e di maggiore interesse dell’istituto. Nel primo comma si consente (“può”) alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl) competente, nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, di avviare tentativo di conciliazione; allo stesso modo (comma 6) si può seguire analoga procedura nel corso dell’attività di vigilanza qualora l’ispettore del lavoro ritenga che ricorrano i presupposti per una conciliazione. Si distingue quindi in dottrina tra conciliazione preventiva e conciliazione contestuale.

La scelta della Dtl di promuovere ovvero non promuovere il tentativo di conciliazione monocratica è basata soprattutto sulle prospettive di soluzione della vertenza in sede transattiva: si deve trattare di fattispecie con carattere di tipo economico-patrimoniale e si escludono ipotesi nelle quali emerga rilevanza penale dei fatti, che elimina la possibilità di accordo tra le parti: in tali situazioni la pratica viene “messa a visita”.

Il secondo comma dell’articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124, prevede che: Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.” Nell’immediatezza della pubblicazione della norma qualche commentatore aveva ipotizzato, senza alcun fonda- mento, che l’assistenza delle parti fosse limi- tata a sindacati, avvocati e consulenti del lavoro: in realtà tale interpretazione è stata rapidamente superata mancando qualsiasi appiglio letterale nella norma (quod lex voluit, dixit), ciò consente al commercialista di assistere il datore di lavoro anche nel tentativo di conciliazioni presso la Dtl, in virtù del rapporto fiduciario con il cliente. A tal fine, si segnala anche la Circolare del Ministero del lavoro n. 36/2009, che ha implicitamente confermato tale corretta interpretazione non limitando la rappresentanza.

Sotto il profilo procedurale, la Direzione territoriale del lavoro provvede alla convocazione delle parti a mezzo lettera raccomandata: queste potranno presentarsi personalmente, con o senza assistenza sindacale o professionale, ovvero rappresentate da persone munite di apposita delega alla conciliazione ed alla transazione. Si ritiene utile che la parte datoriale sia presente, anche se rappresentata, alla riunione fissata per il tentativo di conciliazione; lo stesso Ministero del lavoro, con la Direttiva del 18/09/2008 ha esortato le Direzioni territoriali del lavoro ad invitare gli ordini professionali, le associazioni imprenditoriali e quelle sindacali a far si che i propri iscritti o assistiti rispondano positivamente alle convocazioni.

Nella riunione è centrale la figura del conciliatore: viene scelto dalla Direzione territoriale del lavoro competente per preparazione, autorevolezza e capacità di mediazione ed è il vero dominus della procedura: tale funzionario ha in primo luogo il compito di esplorare ogni via per addivenire alla conciliazione, suggerendo soluzioni praticabili ed interessanti per le parti, ma anche di tutelare, soprattutto in assenza di propri professionisti o sindacalisti, il lavoratore, indirizzandolo con la propria scienza ed esperienza verso la soluzione per lui preferibile.

Il funzionario della Dtl incaricato tentativo di conciliazione deve vigilare che l’accordo non sia uno strumento per eludere la tutela dei diritti del lavoratore o non sia di fatto fonte per precostituire false posizioni previdenziali: in tali casi è suo dovere intervenire e negare la possibilità di conciliazione. L’intesa, inoltre, deve prevedere il riconoscimento di un periodo di lavoro svoltosi, essendo preclusa la conciliazione monocratica con carattere novativo che si risolva nel- la mera corresponsione di una somma di denaro da parte del datore di lavoro al lavoratore a titolo esclusivamente transattivo.

In caso di raggiungimento dell’accordo, sono dovuti i contributi previdenziali e assicurativi con riferimento al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti nonché deve essere effettuato il pagamento delle somme dovute al lavoratore: con entrambi gli adempimenti si estingue il procedimento ispettivo ed al verbale di accordo viene riconosciuto valore di valida rinuncia o transazione anche ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2113 del Codice civile. Al contrario, in ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti, la Direzione territoriale del lavoro prosegue con gli accertamenti ispettivi.

Si segnala ai datori di lavoro ed ai professionisti che li assistono l’opportunità di valutare attentamente l’istituto della conciliazione monocratica, che permette a tutte le parti dei benefici quali, tra gli altri:

  • per la Direzione territoriale del lavoro, definire con un accordo l’attività ispettiva senza successivi contenziosi amministrativi o giudiziari, abbreviando notevolmente i tempi e liberando risorse per l’altra attività istituzionale dell’autorità (la citata Circolare 36 testualmente auspica la diffusione dell’istituto per “un migliore impiego delle risorse ispettive da destinare ad iniziative di vigilanza di maggiore respiro”), conseguendo altresì contribuzione;
  • per il datore di lavoro, raggiungere una conciliazione che estingue sia la vertenza con il lavoratore sia il procedimento ispettivo, con oneri meno gravosi a proprio carico, evitando anche le incertezze ed i tempi del giudizio, come pure i costi connessi (compensi professionali e spese processuali). Non va, inoltre, trascurato l’effetto di “definizione” de- gli aspetti contributivi e assicurativi del rapporto di lavoro oggetto della conciliazione, con efficacia anche nei con- fronti dell’autorità ispettiva in materia di lavoro;
  • per il lavoratore: ottenere somme, ed eventualmente il riconoscimento di un rapporto di lavoro regolare anche sotto il profilo contributivo ed assicurativo, in tempi brevi, anche in questo caso senza oneri legali e di giudizio, con una precisa qualificazione giuridica di tali spettanze.

Il pagamento al lavoratore delle somme stabilite con la conciliazione monocratica e può avvenire anche in via differita o rateizzata. In tal caso, il procedimento si estingue esclusivamente con il versamento dell’intero importo concordato.

Il mancato versamento dei contributi dovuti dal datore di lavoro a seguito della concilia- zione monocratica, segnalato dagli Istituti creditori alla Dtl, comporta l’immediata attivazione della procedura ispettiva.

Alla luce di quanto esposto pare opportuno che, anche in assenza di iniziativa del funzionario pubblico, sia il commercialista che, nell’interesse del proprio cliente, valuti bene l’applicazione dell’istituto in questione, facendosi parte attiva per stimolarne l’applicazione.

* Odcec di Reggio Emilia

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