LE VARIAZIONI DEL CONTENUTO ECONOMICO DEL RAPPORTO DI AGENZIA: LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SULL’ASPETTATIVA DI GUADAGNO DELL’AGENTE SECONDO I PRINCIPI FISSATI DALLA SEZIONE LAVORO DEL TRIBUNALE DI MANTOVA

di Paolo Galbusera e Andrea Ottolina* 

Quando un’azienda ha intenzione di apportare delle modifiche ad un contratto di agenzia in essere, sa che deve tenere in conto quanto disposto sul punto dagli Accordi Economici Collettivi, i quali, trattando delle variazioni del contenuto economico del contratto, le distinguono tra variazioni di lieve, media e sensibile entità.

Va innanzitutto precisato che le norme collettive, quando parlano di variazioni del contenuto economico del contratto, si riferiscono a qualsiasi variazione apportata dalla Società committente alla zona, ai prodotti, alla clientela o alla misura delle provvigioni. Tali variazioni, come detto, sono distinte a seconda della loro entità, cioè di quanto la singola variazione vada ad incidere sul contenuto economico del contratto e, nello specifico, sull’aspettativa di guadagno dell’agente rispetto al monte provvigioni maturato nell’anno precedente la variazione.

E quindi, sono considerate di lieve entità quelle modifiche contrattuali che comportano una variazione del contenuto economico compresa tra lo zero e il cinque per cento, realizzabili senza necessità di preavviso da parte della mandante; sono di media entità le variazioni comprese tra il cinque e il venti per cento, realizzabili con un preavviso di due o quattro mesi (a seconda che l’agente sia mono o plurimandatario); sono infine considerate di sensibile entità quelle che comportano modifiche superiori al venti per cento (quindici per cento nel settore industria), le quali possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente con un preavviso non inferiore a quello previsto per la risoluzione del rapporto.

L’entità della variazione, così come quantificata dagli AEC, ha rilevanza non solo riguardo al preavviso che la Società committente deve concedere all’agente, ma anche riguardo le eventuali conseguenze a livello contrattuale, posto che, in caso di variazione di sensibile entità, l’agente ha facoltà di non accettare la modifica, facendo sì che la comunicazione della stessa sia da considerarsi come preavviso per la cessazione del rapporto su iniziativa della mandante.

La ratio della norma è chiara: se da un lato vuole concedere alle parti una certa flessibilità nella possibilità di variare in corso di rapporto di agenzia le condizioni contrattuali e ciò in ragione della natura imprenditoriale dell’attività svolta da entrambe, dall’altro lato vuole comunque fissare dei paletti che tutelino l’agente nel caso in cui le variazioni disposte dalla committente abbiano come conseguenza una sostanziale riduzione delle sue aspettative di guadagno e quindi una perdita a suo danno.

Nel caso tali variazioni, quindi, non comportino di fatto, una riduzione nei guadagni dell’agente, allora esse esuleranno dall’ambito di applicazione della norma in esame. Ma come devono essere valutate quelle variazioni che vanno ad incidere su svariati elementi del rapporto di agenzia e non solo sull’ammontare delle provvigioni?

La questione è stata affrontata da una recente e interessante sentenza del Tribunale di Mantova Sezione Lavoro (la n. 115 del 12.11.2020, Giudice del Lavoro Dr.ssa Gerola), che ha preso in esame un caso particolare, nel quale la società committente aveva comunicato al proprio agente una variazione contrattuale che aveva sì ad oggetto una riduzione delle provvigioni, ma che era da inserirsi in un’operazione più complessa, che includeva la riduzione del prezzo applicato ai prodotti coinvolti e l’aumento dei livelli di scontistica ad essi applicati.

Nella fattispecie posta all’attenzione del Giudice, quindi, si era al cospetto di una operazione commerciale complessa che, nelle finalità della mandante, avrebbe comportato un aumento delle vendite dei prodotti coinvolti tale da compensare la riduzione della percentuale delle provvigioni riconosciute all’agente, determinando di fatto un incremento del suo margine di guadagno.

Con il ricorso introduttivo del giudizio, l’agente deduceva il fatto che la variazione posta in essere dalla mandante, andando ad incidere direttamente sulla quantificazione delle provvigioni, doveva essere regolata dalle specifiche previsioni degli AEC e quindi, essendo essa valutabile come una variazione di media entità, rivendicava il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso non riconosciutogli. La tesi dell’azienda, al contrario, sosteneva che nella valutazione dell’impatto economico della variazione non bisognava fermarsi alla sola modifica della percentuale delle provvigioni, ma era necessario considerare la portata dell’intera operazione commerciale posta in essere. In questo modo, era possibile appurare che, successivamente a detta variazione, le provvigioni dell’agente si erano di fatto incrementate, circostanza che aveva come conseguenza l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina di cui agli AEC, espressamente prevista per le variazioni comportanti un peggioramento delle condizioni economiche del rapporto di agenzia.

Sul punto, il Giudice del Lavoro di Mantova ha ritenuto condivisibili le argomentazioni della Società committente, affermando che, ai fini dell’applicazione della specifica regolamentazione prevista dagli AEC per le variazioni del contenuto economico del contratto, non è sufficiente considerare la sola riduzione dell’aliquota provvigionale rispetto al monte provvigionale complessivamente maturato dall’agente nell’anno solare precedente alla variazione, ma bisogna necessariamente aggiungere a tale valutazione anche l’impatto che ha avuto sul fatturato complessivo dell’agente il contestuale abbassamento del prezzo unitario dei prodotti oggetto della variazione.

*Avvocato in Milano

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.