Offerta di conciliazione in caso di licenziamenti per aziende con più di 15 dipendenti (Art.6 – D.LGS. 23/2015).

di Andrea Musile Tanzi – Odcec Piacenza

CONCILIAZIONE PREVENTIVA PER LICENZIAMENTI PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (ART. 7 LEGGE 604/66)

L’art. 6 del D.Lgs. 23/2015 ha introdotto per le aziende con più di 15 dipendenti (e che sono soggette, pertanto, alle disposizioni previste dall’art. 18 della Legge 300/70 in caso di licenziamenti) tre tipologie di conciliazione:

  • conciliazione per i contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti;
  • conciliazione preventiva in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
  • conciliazione facoltativa.

Conciliazione a tutele crescenti

è prevista per:

  1. dipendenti assunti con contratto subordinato a tempo indeterminato a far data dal 07/03/2015;
  2. apprendisti confermati in servizio al termine del periodo di formazione a decorrere dal 07/03/2015;
  3. dipendenti con contratto a tempo determinato e trasformati a tempo indeterminato dal 07/03/2015;
  4. nel caso in cui il datore di lavoro con forza aziendale iniziale inferiore a 15 dipendenti effettui, a decorrere dal 07/03/2015, assunzioni a tempo indeterminato superando, in questo modo la soglia dei 15 dipendenti e sia, pertanto, soggetto alle nuove disposizioni previste dall’art.18 della Legge 300/70.

In caso di licenziamento, il datore di lavoro, per evitare il giudizio, può proporre al lavoratore, entro 60 giorni dal licenziamento, un importo esente da contribuzione previdenziale ed imposizione fiscale pari ad una mensilità per ogni anno di servizio del dipendente.

Tale importo non può essere inferiore a 2 mensilità e superiore a 18.

Il pagamento di tale importo deve avvenire esclusivamente tramite assegno circolare e, in seguito all’accettazione di tale assegno, il lavoratore rinuncia in modo definitivo all’impugnazione del licenziamento e dichiara di non aver più nulla a pretendere in relazione al rapporto di lavoro appena intercorso.

L’offerta di conciliazione deve avvenire, esclusivamente, all’interno di una sede protetta, come ad esempio:

  • dinanzi alla Commissione Provinciale di conciliazione;
  • in sede sindacale;
  • sedi di certificazione individuate dall’art. 76 del D.Lgs. 276/2003[1]

Si precisa che, entro 65 giorni successivi al licenziamento, il datore di lavoro deve effettuare un’ulteriore comunicazione, utilizzando il modello “ UNILAV CONCILIAZIONE”, in cui deve necessariamente indicare l’esito dell’offerta conciliativa, ove questa sia, naturalmente avvenuta.

Si precisa che tale comunicazione deve essere effettuata unicamente nei seguenti casi:

  • il datore di lavoro propone la conciliazione al lavoratore;
  • è dovuta anche dalle agenzie per il lavoro nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro;
  • non deve essere effettuata quando il rapporto di lavoro si risolve durante il periodo di prova.

L’omissione di tale comunicazione “UNILAV CONCILIAZIONE” determina l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da € 100,00 ad € 500,00 per ogni lavoratore interessato.

Conciliazione in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

In base all’art. 3 della Legge 604/1966 il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere intimato “per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.

Casi emblematici di licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono rappresentati da:

  • stato di crisi dell’impresa;
  • cessazione dell’attività;
  • soppressione della mansione a cui è adibito il lavoratore e impossibilità di ricollocarlo ad altre mansioni compatibili con il suo livello di inquadramento.

La riforma del 2012 ha ricondotto all’area di licenziamento per giustificato motivo oggettivo anche l’ipotesi di licenziamento per superamento del periodo di comporto e del licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore, la cui prova spetta sempre a carico del datore di lavoro[2].

In base alla riforma dell’art. 18 della Legge 300/70, il licenziamento per GMO (sempre nei casi di aziende con più di 15 dipendenti) deve necessariamente essere preceduto da una comunicazione del datore di lavoro all’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo in cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa; tale comunicazione deve, poi, essere spedita per conoscenza al lavoratore.

All’interno della comunicazione devono essere indicati:

  • la volontà del datore di lavoro di procedere al licenziamento;
  • indicare i motivi del licenziamento;
  • indicazione delle misure adottate per poter ricollocare il lavoratore assegnandogli una mansione alternativa, ovvero le motivazioni tali per cui non sarà possibile assegnare allo stesso altra mansione all’interno dell’organizzazione aziendale.
  • L’Ispettorato del lavoro, entro 7 giorni dalla richiesta, deve obbligatoriamente convocare datore di lavoro e lavoratore dinanzi alla Commissione Provinciale di conciliazione.Tale procedura di conciliazione si conclude entro 20 giorni dal momento in cui l’Ispettorato territoriale del Lavoro ha convocato le parti.Se il tentativo di conciliazione fallisce, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.Conciliazione facoltativaLa procedura di conciliazione facoltativa è ammessa per la risoluzione di tutte le controversie individuali di lavoro.Generalmente, una delle due parti contraenti, e nella maggior parte dei casi si tratta del lavoratore, può adire a questo istituto al fine di risolvere rapidamente e definitivamente il sorgere di una vertenza.

    Si precisa che tale tentativo di conciliazione facoltativa è esclusivamente su base volontaria e le parti hanno la “facoltà”, appunto, e non il dovere di rivolgersi a questa procedura conciliativa, potendo sempre alternativamente rivolgersi al tribunale per poter porre fine alla vertenza di lavoro in corso.

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[1] In relazione all’art. 76 del D.Lgs. 276/03, così come modificato dalla Legge del 04/11/2010 n. 183 Articolo 30, sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni di certificazione istituite presso:

  • Enti bilaterali;
  • Direzioni provinciali del Lavoro e Province;
  • Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie;
  • Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;
  • Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro.

[2] Nel caso di sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, ricade sul datore di lavoro l’onere della prova che non gli è possibile impiegarlo in mansioni equivalenti in un ambiente compatibile con il suo stato di salute; sul medesimo datore incombe poi anche l’onere di contrastare eventuali allegazioni del dipendente, nei cui confronti è esigibile una collaborazione nell’accertamento di un possibile repêchage in ordine all’esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli possa utilmente essere ricollocato. (Cass. 10/3/2015 n. 4757, Pres. Macioce Rel. Buffa, in Lav. nella giur. 2015, 635).

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